Sincerità e calore umano, ma anche sfrontatezza, spesso possono fare la differenza in un ambiente di lavoro. La pensa così Dominik Schlegel, 26 anni, nato a Glarus – alle porte di Zurigo – ma innamorato di Roma, dove progetta software per la mobilità. “In Italia non manca la cultura del lavoro o l’immaginazione per crearlo, mancano le aziende e il contesto in cui praticarlo: e questo è un peccato”. Lavorando ogni giorno allo sviluppo sistemi di localizzazione e mappatura per veicoli all’università Sapienza in team internazionali, tra una conferenza e l’altra, riesce a misurare la distanza che separa il nostro paese da molti cugini europei.

“Vedo molti colleghi italiani che finito il periodo di ricerca vanno in Francia, Germania, Stati Uniti. E questo è deleterio per un Paese che ha investito risorse per la formazione di queste persone”. Dopo la laurea nel 2015 in Engineering Computer Science presso il Eidgenössische Technische Hochschule Zürich (ETH), il politecnico federale di Zurigo, ha scelto di scrivere la sua tesi proprio a Roma: “Non ho fatto l’Erasmus però – precisa – ho chiesto una tesi all’estero, specificando la mia preferenza per l’Italia: non avevo una borsa di studio”. Terminati gli studi e rientrato in patria lavora per circa un anno in un’azienda high tech che sviluppa software per pagamenti elettronici. “Prendevo l’equivalente di seimila euro netti al mese”, e tra i 700 di affitto e i 2000 per vivere, ne restavano abbastanza per pensare al futuro.

In Svizzera prendevo seimila euro al mese. Ma ho preferito venire in Italia e guaddagnare meno

Allora perché tornare in Italia per fare il ricercatore, pur sapendo che lo stipendio sarebbe stato di molto inferiore – circa 1500 euro lordi – senza i benefit che aveva prima, come ad esempio un appartamento? “Ottima domanda: la verità è che mi piace come si lavora alla Sapienza. Inoltre l’ambiente di ricerca italiano è meno gerarchizzato rispetto a quello svizzero, dove infrangere le barriere interpersonali, anche tra colleghi, diventa spesso un problema. Qui c’è molta più sincerità e schiettezza: se faccio una cosa sbagliata me lo dicono subito senza troppi giri di parole. Ed è fondamentale in questo tipo di lavoro”. Il team in cui lavora sviluppa sistemi di localizzazione e mappatura per veicoli. “In Italia la ricerca è competitiva benché sia davvero poco sovvenzionata e sommersa dalla burocrazia”. Un esempio? “In Svizzera hai un budget fisso, ti basta mostrare gli scontrini di quello che hai acquistato per lavorare e vieni rimborsato – afferma -. Qui invece bisogna passare per l’approvazione dell’amministrazione che cerca sempre le attrezzature più economiche possibili: questo rallenta i tempi di una ricerca”.

Il futuro prossimo di Dominik non sarà l’Italia, e non è una questione di soldi ma di opportunità: “Tornerò a Zurigo terminato il periodo di ricerca. Ricevo moltissime offerte di lavoro ma non qui dove mancano le aziende che sviluppano queste tecnologie”. Una scommessa che il nostro paese, almeno per il presente, ha già perso. A pochi chilometri oltre il confine alpino c’è proprio Zurigo, che è diventato un hub di aziende internazionali in campo high tech. “È un peccato che in Italia non ci sia questa opportunità perché ci sono molti ingegneri davvero capaci”. Quello di Dominik, però, non è necessariamente un addio. “Tornerei volentieri a Roma: amo questa città – conclude –. Se si riuscisse ad attrarre o creare più aziende ad alta specializzazione tecnologica molte cose cambierebbero. E voi italiani non dovreste neanche importante cervelli dall’Europa perché ne avete moltissimi: hanno solo bisogno di un’opportunità”.

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