Dopo una nottata in cui, a detta dei presenti, il nostro nuovo premier ha fatto la “voce grossa” e “sbattuto i pugni”, i leader europei hanno raggiunto un accordo sulla questione migrazione.

La soluzione, secondo esponenti del M5S che la accolgono in toni quasi messianici e come un trionfo del governo giallo-nero (effettivamente, come soluzione è nera) si fonda sull’assunto che gestire i flussi migratori significa, essenzialmente, chiudere le frontiere della fortezza Europa, che discute di migrazioni solo ed esclusivamente con l’idea di fermarle. È questa la maggior vittoria “culturale” dell’estrema destra europea. Sfidando i fatti, i 28 leader hanno sostanzialmente confermato che le tre persone al giorno in media che arrivano alle frontiere della Baviera o le poche migliaia del 2018 sono in effetti l’avanguardia di una possibile terribile invasione ingestibile di clandestini. Non di migranti necessari a un’Europa che invecchia o di persone che hanno diritto alla protezione: solo una massa informe di clandestini che deve essere fermata.

Ma vediamo nei dettagli perché parlare di “vittoria” dell’Italia è una “fake news”: nell’accordo si annunciano misure e ingenti risorse finalizzate al maggior controllo delle frontiere esterne, tra le quali il rafforzamento di Frontex e l’auspicio di una sostanziale esternalizzazione del trattamento delle domande di asilo, accompagnate da una ulteriore delegittimazione del lavoro delle ong che operano soccorso in mare e che non potranno “ostacolare” il lavoro dei libici (in altre parole, dovranno consegnare sistematicamente ai libici le persone raccolte dai barconi), in quelli che sono nei fatti dei respingimenti collettivi, gli stessi per i quali Maroni fu condannato dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo. E cosa saranno mai le “piattaforme regionali di sbarco” se non delle piccole o grandi Guantanamo dove rinchiudere le persone, e che per ora seccamente rifiutate dai paesi del Nord Africa?

Inoltre, non rappresenta forse una secca sconfitta per l’Italia l’accettare di organizzare altri CIE, invece di ottenere una ripartizione immediata di coloro che arrivano? È anche abbastanza chiaro che la nuova tranche di denaro a Erdogan e i 500 milioni di euro per l’Africa, trasferiti dal Fondo Europeo di Sviluppo (lo strumento più importante di aiuto allo sviluppo), plausibilmente serviranno a rilanciare l’accordo con la Turchia e ad arricchire la Guardia costiera libica, composta da persone che sono state recentemente additate da un’inchiesta delle Nazioni Unite come veri e propri criminali.

Insomma, l’Italia dopo tanto rumore non ha ottenuto granché: i nuovi hotspot da costruire in Europa sono a discrezione di paesi “disponibili”; la Germania ha spinto fortissimamente per ostacolare gli spostamenti secondari dei migranti una volta in Europa, e la principale destinazione di questi respingimenti interni sarà proprio l’Italia; la ripartizione dei migranti, inoltre, avverrà solo su base “volontaria” e se i richiedenti asilo verranno da centri per migranti “controllati”, i nuovi CIE.

È quindi evidente che il baccano fatto dall’Italia, le minacce di veto, la sua alleanza vera o presunta tendente a indebolire il fronte cosiddetto “europeista” e a delegittimare un accordo di qualità sulla revisione del regolamento di Dublino, hanno prodotto un risultato deludente e si sono scontrate contro il muro di Visegrad da una parte e l’ostilità dei paesi più possibilisti. Un capolavoro, che peraltro rende perfino più difficile oggi la battaglia a favore di ricollocazione automatica, perché si dice esplicitamente che la riforma del regolamento Dublino dovrà essere approvata all’unanimità, mentre i Trattati dicono specificamente che su questa materia si decide a maggioranza e si co-decide con il Parlamento europeo. C’è peraltro da considerare se non sarebbe il caso per il Parlamento europeo di fare un ricorso alla Corte Ue per “abuso” di procedura, che porta a un sostanziale blocco della decisione.

Inutile dire che non c’è una parola nelle conclusioni sul tema dei diritti umani, dei doveri giuridici per tutta la Ue verso chi ha il diritto a chiedere protezione, né alcun riconoscimento che non si tratta più di “emergenza”: siamo invece in un mondo di pura finzione che rincorre gli argomenti e le fake news della destra estrema, rafforzandola. Il diritto di chiedere asilo forse non è stato ucciso, ma ha subito un colpo durissimo.

Nella successiva conferenza stampa, inoltre, Angela Merkel ha annunciato di aver stipulato degli accordi con specifici Stati membri riguardo i rimpatri per i movimenti secondari, sicuramente al prezzo di qualche concessione in campo finanziario e delle regole di bilancio – un’altra forzatura rispetto al quadro delle regole comuni, che sono visibilmente inceppate anche perché non le si vuole davvero applicare.

Insomma, da qualsiasi parte lo si guardi, questo “accordo” si traduce in un’ulteriore picconata all’idea di un’Europa come patria dei diritti di tutti e baluardo contro arbitrio e autoritarismo.

Cui prodest tutto ciò? A Orban. A Kurz e Seehofer. Ai nemici dell’Unione europea, che, a differenza degli inglesi, la vogliono cambiare dall’interno. E, se ne convincano i novelli promotori di “Italians first”, nuocciono gravemente anche a noi.

Gli strilli e le minacce di veto non hanno funzionato. Forse, fra qualche giorno, quando il fracasso della propaganda si sarà calmato, tutti si renderanno conto che la riforma del regolamento di Dublino che converrebbe all’Italia, quella adottata dal Parlamento europeo e che prevede la ripartizione automatica dei richiedenti asilo secondo criteri obiettivi, è adesso più lontana che mai.

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