Il questore di Reggio Calabria Raffaele Grassi non ha dubbi: “È stata chiusa l’armeria della ‘ndrangheta”. La Direzione distrettuale antimafia ha fatto luce su una sorta di organizzazione “servente” a più cosche che dovevano reperire armi anche da guerra. L’operazione Arma Cunctis è scattata stamattina all’alba e ha portato all’arresto di 38 persone. Per quindici di loro, su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Giuseppe Lombardo e dei sostituti della Dda Simona Ferraiuolo e Antonio De Bernardo (oggi in servizio a Catanzaro), il gip Natina Pratticò ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Altri 13 sono finiti agli arresti domiciliari e per 8 indagati è stato disposto l’obbligo di presentazione.

Al centro dell’inchiesta ci sono alcune ramificazioni delle cosche Commisso di Siderno e Cataldo di Locri. Secondo i pm, fungevano da “service” per le altre famiglie mafiose che avevano necessità di centinaia di pistole e fucili. Ma anche di armi guerra come i famigerati kalashnikov. Ne parlavano i due arrestati Giuseppe Arilli e Domenico Zucco. In un’intercettazione del 2013, infatti, la squadra mobile si è imbattuta in una trattativa per l’acquisto di una partita di AK47 che, grazie all’intermediazione di Zucco, costavano 2400 euro l’uno.

I due indagati non si preoccupavano di essere ascoltati dagli uomini di Francesco Rattà e parlavano liberamente: “Ma tu ti vuoi comprare un… coso? – è la proposta di Zucco ad Arilli  – Vuoi un Kalashnikov nuovo nuovo nuovo?”. “Vedi se me li trovi… Però mi interessa sapere il prezzo …prima… perché altrimenti me li faccio portare dalla Piana”.

Un vero e proprio mercato frequentato da tutti gli affiliati che volevano rifornirsi di armi: “Lo so che costano care mannaggia… non li trovi facilmente…”. “Trovare dalla parte della Piana si trovano …come vuoi”. “Se li stanno tenendo come l’oro perché sono rari…hai capito?… a me devono portare quelle cose…due  kalashnikov nuovi nuovi nuovi…costano un occhio della testa vogliono duemilaquattrocento euro l’uno…duemilaquattrocento euro…però se riesco a venderli… per guadagnare qualche cento euro io altrimenti…capisci”. Domenico Zucco in sostanza gestiva una sorta di supermarket della ‘ndrangheta con tanto di rivista, espositori e informazioni circa le armi “attualmente più richieste nel mercato clandestino”.

“Sai cosa vanno cercando? – dice sempre Zucco – Queste vogliono guarda 7.65, 9×21, la 7 Parabellum, la 38 Special, la 38 a canna lunga e a canna corta, 9×21 tutte pistole semplici hai capito?…non vanno cercando armi…questo qua chi è che ce l’ha se lo vende si prende tre o quattromila euro. A chi ha i soldi glielo da e ti saluto…doppiette, sovrapposti, automatici questi si prendono…ora sai cosa stanno andando pari pari? Le doppiette…sai come le vogliono queste cazzo di doppiette”.

Nelle intercettazioni, gli inquirenti hanno trovato traccia anche dei canali utilizzati per fare arrivare le armi in Calabria. “Siamo riusciti a riprendere la movimentazione delle armi”, ha raccontato il capo della mobile Rattà durante la conferenza stampa in questura. Molte di queste passavano da Malta, dalla Francia e dalla Sicilia. “Si parla di armi che provenivano dal canale maltese – ha spiegato il procuratore aggiunto Lombardo – Non abbiamo trovato purtroppo il deposito ma abbiamo la certezza che nelle intercettazioni parlano di armi maltesi. I legami con l’estero sono sempre attuali”.

L’inchiesta ha consentito agli investigatori di scoprire anche un importante traffico di hashish e marijuana gestito da Antonio Lizzi e Bruno Filippone che, assieme agli altri indagati, gestivano piantagioni che fruttavano ricavi di  “otto-diecimila ogni due mesi”. “È un’operazione importante – è stato il commento del procuratore capo Giovanni Bombardieri – Abbiamo colpito un’organizzazione che riforniva centinaia di armi alle cosche della Locride. Si tratta di un’organizzazione servente a più strutture. Nelle intercettazioni non si parla di attentati o di come dovessero essere utilizzate quelle armi”.

“È emerso – ha sottolineato il procuratore aggiunto Lombardo –  che i Commisso e i Cataldo continuano a gestire le armi che poi vengono messe a disposizione della ‘ndrangheta tutta. Erano armi che servivano a fronteggiare qualsiasi emergenza. Le cosche erano pronte a usare materiale bellico. Stiamo parlando di tante armi da guerra e questo significa che loro sono in guerra. Abbiamo ricostruito una rete molto vasta che mette a disposizione delle varie cosche le sue capacità operative. La ‘ndrangheta si avvale anche di strutture come queste, parallele, che servono a consentire l’operatività dell’organizzazione criminale e la collaborazione con le altre”.

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