Al rientro dalla Libia aveva detto che le torture dei migranti e rifugiati sono “retorica” e alcuni centri d’accoglienza sono “all’avanguardia”. Frasi, quelle di Matteo Salvini, che hanno portato Medici senza frontiere ad esprimere “dissenso” perché molti dei pazienti assistiti dalla ong a Roma “sono passati attraverso la Libia” e lì “sono stati torturati e maltrattati”, spiega Anne Garella, capomissione di Msf Italia.

“Vediamo ogni giorno le conseguenze fisiche e mentali delle torture”, dice Medici senza frontiere che gestisce centri di riabilitazione per i sopravvissuti alla tortura, abusi e maltrattamenti nella Capitale, ad Atene e Città del Messico. La maggior parte delle persone assistite soffre di dolori cronici, problemi muscoloscheletrici, neurologici e gastrointestinali, disturbi da stress post-traumatico, ansia e sintomi depressivi, sottolinea la ong che nei primi mesi del 2018 ha prestato cure a 950 pazienti.

Lunedì, al rientro da Tripoli dove ha incontrato il numero due del governo Sarraj, Salvini aveva spiegato di aver “chiesto di visitare un centro di accoglienza e protezione” che “entro un mese sarà pronto per 1000 persone con l’Unhcr” per smontare tutta la retorica nella quale in Libia si tortura e si ledono i diritti civili. Quella che per Salvini è retorica e viene criticata da Msf ora, nella Giornata mondiale contro le torture, era stata descritta così dall’Alto commissario delle Nazioni unite, Zeid Raad Al Hussein, lo scorso novembre: “Episodi di schiavitù moderna, uccisioni, stupri e altre forme di violenza sessuale pur di gestire il fenomeno migratorio e pur di evitare che persone disperate e traumatizzate raggiungano le coste dell’Europa”.

La “sofferenza” dei migranti detenuti in Libia “è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”, aveva aggiunto citando le valutazioni degli osservatori dell’Onu inviati nel Paese nordafricano a verificare sul campo la situazione: “Sono rimasti scioccati da ciò che hanno visto: migliaia di uomini denutriti e traumatizzati, donne e bambini ammassati gli uni sugli altri, rinchiusi dentro capannoni senza la possibilità di accedere ai servizi basilari”.

Ora giungono anche le puntualizzazioni di Msf: “Dopo anni di lavoro con i pazienti, abbiamo iniziato a capire che la tortura è più di un problema di salute. La tortura dovrebbe essere guardata con una questione sociologica e antropologica che ha conseguenze sulla salute fisica. Crea ferite visibili e invisibili”, dice Gianfranco De Maio, referente medico di Msf. L’approccio della ong “mira ad aiutare le persone a ricostruire le loro relazioni sociali con gli altri – conclude – La tortura e i maltrattamenti attaccano la capacità di una persona di avere relazioni equilibrate e significative. La loro fiducia negli altri è danneggiata e per questo perdono dignità”.

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