È stato presentato stamattina al Senato, in occasione della Giornata internazionale delle Nazioni Unite contro l’abuso e il traffico illecito di droga, il IX Libro bianco sulle droghe promosso da La società della ragione insieme a Forum droghe, Antigone, Cgil, Cnca e Associazione Luca Coscioni.

Il documento – di cui consiglio la lettura a chiunque abbia a cuore un argomento così centrale – è estremamente ricco e offre una panoramica di tanti ambiti collegati al tema delle tossicodipendenze: dall’evoluzione dei servizi per come emerge dalle relazioni annuali al Parlamento del dipartimento Politiche Antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri alla situazione internazionale per quanto riguarda la regolamentazione dell’uso della cannabis, dallo stato della ricerca scientifica sugli effetti delle droghe sul cervello al cambiamento nei consumi delle sostanze, dagli interventi innovativi e poco noti nel settore a linee concrete di indirizzo per mettere in rete le esperienze e consolidare le politiche di riduzione del danno.

Il Libro bianco si apre rendendo conto delle politiche sanzionatorie messe in atto dall’Italia sulle tossicodipendenze e dei loro effetti sul sistema penitenziario. Torna il carcere era il titolo del rapporto annuale di Antigone dello scorso anno. Un titolo che condensa quanto sta accadendo negli ultimi anni, dopo che la condanna da parte della Corte di Strasburgo aveva spinto il nostro Paese a fare ricorso alla galera in maniera più mirata e meno onnivora. Se nel 2015 gli ingressi in carcere sono stati poco più di 47mila 800, nel 2016 erano arrivati a quasi 47mila 350 e nel 2017 a quasi 48mila 150. Ma la notizia non è questa. La notizia è che quasi il 30% dei detenuti entra in carcere per violazione di un unico articolo di un’unica legge: l’articolo 73 del Testo unico sulle droghe, quello che sostanzialmente punisce la detenzione per piccolo spaccio. Sono questi gli ingressi in carcere che tirano il volano al generale incremento numerico che abbiamo riportato. E ciò vale anche per le presenze: aumentano in generale i detenuti e aumentano percentualmente di più quelli che lo sono per reati legati alla droga.

Se si paragonano i dati relativi all’articolo 73 con quelli relativi all’articolo 74 – una condotta criminosa più grave, quella di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope – si riscontra una tendenza annosa per il nostro sistema repressivo sulle droghe: la tendenza, come scrive Maurizio Cianchella nel primo capitolo del Libro bianco “a concentrarsi sui pesci piccoli piuttosto che sui consorzi criminali i quali, grazie a una migliore organizzazione e a maggiori risorse, non solo restano fuori dai radar della repressione penale ma ne traggono anche vantaggio, trovandosi a operare in un mercato ripulito dai competitor meno esperti in una situazione di oligopolio”.

Crescono, infatti, gli ingressi in carcere di persone tossicodipendenti, vittime del sistema piuttosto che soggetti da trattare con il solo strumento penale. Dal 17,21% degli ingressi totali che costituivano nel 2015, si passa al 33,95% del 2016 e poi al 34,05% del 2017. Circa un quarto delle persone detenute nelle carceri italiane è tossicodipendente. Pochi di loro riescono ad avere accesso a quelle alternative alla detenzione che la legge prevede per chi ha problemi di dipendenza.

Uno sguardo infine alle segnalazioni ai prefetti ex articolo 75 della legge sulle droghe, quello riguardante il possesso di sostanze stupefacenti per uso personale, una condotta che non è penalmente rilevante ma che è soggetta a sanzioni di tipo amministrativo. Si conferma anche qui l’intensificarsi del controllo repressivo dell’uso di sostanze stupefacenti. Passiamo dalle 32mila 478 segnalazioni del 2015, alle 36mila 795 del 2016, per arrivare addirittura alle 40mila 524 del 2017. Ma ciò che più colpisce è l’incidenza delle segnalazioni relative al possesso di cannabinoidi. Nel 2017, il 78,69% delle segnalazioni ha riguardato cannabinoidi. Dal 1990 – anno dell’entrata in vigore della legge Jervolino-Vassalli – a oggi, oltre un milione di persone è stato segnalato perché deteneva sostanze stupefacenti per uso personale. In 884mila e 44 casi (il 72,81%), la segnalazione riguardava il possesso di cannabinoidi.

Il mondo intero ha preso atto che la war on drugs è fallita, lasciando troppe vittime sul terreno. Mentre gli altri Paesi rivedono le proprie politiche penali sul tema, in Italia si continua a ingolfare carceri, polizia, uffici amministrativi con un inutile e dannoso dispendio di soldi pubblici e di energie. La retorica della certezza della pena è qui che va a colpire, non certo sui veri criminali. Nel IX Libro bianco si immagina cosa accadrebbe se il carcere non fosse destinato ai tossicodipendenti e non avesse a che fare con una normativa scioccamente proibizionista. Non solo non servirebbe costruire nuove carceri, ma quelle che già abbiamo risulterebbero in eccedenza.

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