di Luigi De Gregorio

Il politico di lunga data, onesto, allergico alla corruzione, determinato a rimanere integerrimo, per non cadere in uno scandalo di corruttela evita sempre e comunque qualsiasi contatto pericoloso. Se viene a conoscenza, anche all’ultimo momento, che nell’ambito di una riunione programmata la persona da incontrare è un immobiliarista, la semplice domanda “Perché mi vuole incontrare?” e la facile risposta “Certamente vuole corrompermi” lo inducono ad annullare repentinamente l’incontro. Se quest’ultimo fosse invece casuale (o perlomeno è così in apparenza) e l’interlocutore si presentasse “Mario Rossi, immobiliarista” la risposta saggiamente unica sarebbe “Immobiliarista? No, grazie”.

In sostanza i politici refrattari alla corruzione, in quanto tali sono ben attenti al modus operandi degli imprenditori corruttori. Questi grandi dispensatori del vile danaro amano i grandi appalti e le grandi commesse ma non amano gareggiare, se non per finta. Animati da un grande spirito di collaborazione per ripartire concordemente le torte non vogliono gli intrusi onesti, che tengono lontani con tecniche varie oppure con pacchetti intimidatori forniti da organizzazioni criminali amiche. Insomma preferiscono accordarsi tra di loro, dare soldi ai committenti e vivere felici e contenti lucrando ampiamente.

Una logica che non fa una grinza. Dal loro punto di vista. Peccato che le loro realizzazioni arrivino ad avere da due a sei volte il costo effettivo. Peccato che le opere fornite siano anche scadenti, per mancanza di controlli sulla qualità dato il rapporto di fiducia tra persone per bene (corrotti e corruttori) e data la mutua considerazione “I controlli? Tra di noi non c’è bisogno, dove andrebbe a finire la reciproca stima?”

Quindi politici onesti e di lunga data, consapevoli di tutto ciò, prendono tutte le cautele possibili per evitare i potenziali corruttori. Ma quelli giunti da poco nel mondo della politica nazionale (quindi appetibili da parte dei maestri della corruzione, ma non attrezzati a evitarne le trappole) dovrebbero essere ancora più vigili dei loro colleghi anziani e sapere che alcuni contatti possono essere pericolosi in quanto portatori di potenziali scambi di favore. Essi dovrebbero comprendere che il semplice incontrarsi e l’utilizzo di un loro appartamento come sede di incontro – oltre a essere l’anticamera di accordi illeciti – innescano la vanità del potenziale corruttore. Fino alla delirante esagerazione de “Il governo lo sto a fa io, eh” detta dall’immobiliarista Luca Parnasi, arrestato nell’ambito dell’inchiesta romana sullo stadio, a un suo collaboratore.

I nuovi eletti dovrebbero capire che se inizialmente la molla di un imprenditore corruttore è il guadagno, a un certo punto della sua carriera la vera soddisfazione sarà quella di essere in contatto diretto con politici di alto livello. Gratificazione che tocca l’apice se quest’ultimi sono in cima alla politica nazionale e fortemente presenti nei media. Ma il compiacimento di se stessi non può raggiungere il massimo se non lo puoi raccontare neanche a un amico. Sarebbe come se un play boy di quartiere conquistasse la più bella ragazza della zona in cui vive e non lo raccontasse a nessuno. Sarebbe come se un frequentatore di attrici, modelle dell’alta moda copulasse con uno dei volti femminili più noti nel mondo dello spettacolo e tenesse segreto l’avvenimento. La vanità è un virus che dà energia e gioia. Imperat sempre e ovunque. In qualsiasi periodo della storia del’uomo, in qualsiasi continente e a qualsiasi latitudine. Infine è democratica. Va al di là della posizione sociale, del livello culturale.

Conclusione. I politici non aventi un lungo passato di potere, poco cauti, più portati al facile contatto, dovrebbero usare anch’essi (come i colleghi onesti di lunga data), il motto “Immobiliarista ? No grazie”. Al pari di un contraccettivo, sempre che vogliano evitare spiacevoli conseguenze.

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