L’alternanza scuola-lavoro è davvero inutile, nella sostanza? Il progetto reso obbligatorio dalla riforma della Buona Scuola apportata dalla legge 107/2015, seppur nato con le migliori intenzioni, tante volte si è rivelato per gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori un obbligo, poco utile. Tante volte, non sempre.

Un esempio? Il Protocollo d’intesa Libri Fuori-Classe, un progetto nato dall’accordo a gennaio 2018 tra il Miur e le principali associazioni del mondo dell’editoria per conoscere meglio il mondo dei libri. Non solo con l’accostamento alla lettura, ma con il contatto diretto con tutto il settore: dall’esperienze in casa editrice, a quelle in libreria o in biblioteca.

In questa occasione nessun lavoro coatto. Neppure alcun utilizzo in contesti o con mansioni che si fa fatica a giustificare. Una esperienza utile, finalmente, ma anche stimolante.

Come informa il portale librofuoriclasse.com ad aderire al progetto sono state oltre 200 realtà tra case editrici, librerie e biblioteche di 17 regioni italiane. Insomma l’offerta c’è. Basta scegliere.

Al Liceo Ginnasio statale “Virgilio” di Roma, lo hanno fatto. Anche molto bene, considerato il risultato. Protagonisti la casa editrice Giulio Perrone Srl e le classi III D e IV R. Con l’aiuto dei rispettivi insegnanti di Lettere, prima l’idea e poi la realizzazione di una raccolta di racconti brevi e poesie, ma anche disegni. E’ questo “Oltre le voci”. Un insieme, composito nella sue ricercate diversità, di riflessioni su un tema inconsueto, la pazzia. I ragazzi delle due classi hanno lavorato su più fronti. Dalla scelta del tema ai criteri di selezione dei contributi, passando all’analisi dei testi. Dalla loro organizzazione in una sequenza che restituisse la molteplicità delle storie intorno alla pazzia fino alla loro redazione. Senza tralasciare la composizione della copertina e, naturalmente, la fase della commercializzazione.

Quel che rimane, dopo molta fatica, sono appunto le storie. Segmenti di figure differenti. Lati di forme ora semplici, ora complesse. Così le geometrie di Alice che si chiede “Cos’è la pazzia” si sovrappongono a “Il cielo è verde” di Angelica. Così “Lo sfilatino” di Arianna si aggiunge ad “Io non chiedo la causa” di Alice. Così, ancora, ”Quelli che potevano sentire la musica” di Beatrice si accosta a “L’asso nella manica” di Ludovica. Il “Mattia” di Gabriele per certi versi definisce il “Mi chiamo Lorenzo Bugatti” di Diletta. Ci sono anche i “Pensieri imperfetti” di Alessia e la “Torta di mele” di Ludovica, il “Se riuscire” di Irene e il “Un po’ dappertutto” di Caterina. Ci sono anche altre forme, oltre alle loro. Frammenti definiti di un disegno unico. Che racconta le ferite dell’anima come i segni graffiti da Ferdinando Nannetti cinquant’anni fa su un muro del manicomio di Volterra oppure le liriche di Alda Merini.

“Oltre le voci” è un esperimento riuscito. Merito dei ragazze e ragazzi coinvolti nel progetto. Merito degli insegnanti che li hanno allenati negli anni trascorsi ad esercitare lo spirito critico. Insomma ne hanno fatto persone che responsabilmente s’interrogano su quel che li circonda. Merito della Casa editrice che li ha affiancati.

“Riuscirà questo libricino a trasmetterti curiosità ed ispirazione? Riuscirà a dare importanza a questo tema ormai sottovalutato da molti?”, si chiedono nella Prefazione gli autori.

Maniera migliore per presentare “Oltre le voci” non ci poteva essere. Pazzia a parte, non solo nell’alternanza con il lavoro, la scuola ha un bisogno disperato di tornare ad affrontare grandi temi. Con “curiosità ed ispirazione”.

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