Nel giorno del giuramento del nuovo ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, gli atenei alzano la voce: inizia oggi lo sciopero degli esami nelle università italiane. È il secondo in un anno accademico. A proclamarlo è il “Movimento per la dignità della docenza universitaria” che chiede la risoluzione definitiva della vertenza sugli scatti d’anzianità oltre che nuovi concorsi per i professori e per i ricercatori. Una protesta partita nel primo giorno d’appello e che proseguirà fino al 31 luglio. A settembre a proclamare lo sciopero furono 5.444 docenti ma l’adesione superò le aspettative: 11mila professori scelsero di incrociare le braccia. Ora sono in 6.857 a sostenere la lettera che ha annunciato l’iniziativa portata avanti in primis da Carlo Ferraro, ordinario del Politecnico di Torino, Paolo d’Achille di Roma Tre, Davide De Caro della Federico II di Napoli e Antonio Mussino della Sapienza.

“Siamo in lotta – spiegano i promotori – non contro un Governo ma per ottenere un forte segnale di attenzione all’Università. Il Governo ora dovrà gestire la Legge di bilancio 2019. Saltare questa scadenza significa rinviare tutto al prossimo anno ma noi non possiamo più attendere. Chiediamo lo sblocco definitivo degli scatti stipendiali: nella Legge di bilancio del 2018 è stata data una soluzione al problema solo parziale e insoddisfacente”.

I professori non chiedono un aumento degli stipendi ma vogliono che lo sblocco parta dal primo gennaio 2015 anziché dal 2016 con il riconoscimento giuridico degli anni 2011-2014. Non solo. Tra le richieste dei professori universitari ci sono i concorsi: “Non si possono lasciare – spiegano Ferraro e gli altri – i 14mila ricercatori a tempo indeterminato attuali nel limbo di un ruolo ad esaurimento e non si possono nemmeno lasciare 19mila professori associati senza prospettive di carriera”. Tra i punti anche un sostegno agli studenti: “Chiediamo 80 milioni di euro per le borse di studio perché riteniamo insostenibile la figura dello studente meritevole ma senza borsa”.

A subire disagi intanto saranno proprio i giovani universitari anche se un minimo di garanzie ci sono: lo sciopero sarà solo in occasione del primo appello; le lauree si terranno regolarmente. Sono previsti inoltre appelli straordinari dopo almeno 14 giorni se l’appello è unico e un appello dopo sette giorni per studenti Erasmus; donne in attesa di un bambino e studenti con problemi di salute. Rassicurazioni che non hanno soddisfatto gli utenti.

L’Unione degli universitari ha lanciato una campagna-petizione #giùlemanidagliappelli: “Ribadiamo la nostra vicinanza al merito delle rivendicazioni della docenza ma continuiamo a essere fortemente contrari ai metodi di protesta individuati, che hanno come unico effetto quello di danneggiare gli studenti. Ci rivolgiamo anche al Movimento e ai singoli docenti affinché compiano delle scelte di buonsenso”, spiega la coordinatrice nazionale Elisa Marchetti. Secondo i ragazzi, a causa dello sciopero molti potrebbero perdere la borsa di studio o rinviare la laurea, altri dovrebbero rinunciare a un lavoro estivo fondamentale per potersi pagare gli studi.

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