Alla fine il “governo del cambiamento” è nato. Il travaglio è stato lungo e difficile e non è ancora certo che il neonato sia in perfetta salute, ma è venuto alla luce.

I genitori esultano, ma a mio avviso non ne hanno ragione, anzi direi che il parto sia il punto di inizio del calvario, nel quale, purtroppo, coinvolgeranno i cittadini, con danni esiziali per le categorie più povere e meno difese, con un impoverimento prossimo al tracollo per quelli più resistenti e, probabilmente, con impatto sostenibile solo per i più abbienti e per chi può contare su risorse all’estero o sulla possibilità di dettare i prezzi delle prestazioni agli altri cittadini carne da cannone.

E’ bene cominciare a organizzare la resistenza, non politica, perché la democrazia si rispetta, ma economica, cercando di tramutare i risparmi in liquidità (in euro) non facilmente aggredibile e poco visibile.

Già, perché le alternative possibili del governo del cambiamento non sembrano molte, né facili.

La prima consiste nel mantenere poco o nulla di quanto promesso in campagna elettorale: un’aggiustatina cosmetica al reddito di inclusione, un maquillage alla riforma Fornero, quattro lire (pardon, euro, per ora) raccattate dai vitalizi e da qualche pensione alta e non giustificata dai contributi, la dispensa dai vaccini fino alla prima epidemia seria e qualche altro circenses mentre il panem va a scarseggiare; nulla a che vedere con il reddito di cittadinanza endemico, il ripristino della pensione di anzianità a 60 anni o con 40 anni di contributi, “whichever comes first”, il dimezzamento delle aliquote fiscali etc.

E sul versante Europa, un approccio tranquillo, quasi col cappello in mano, per evitare che il prossimo presidente della Bce chiuda i rubinetti del tutto, altro che spezzare le reni alla perfida Germania.

Già, perché per fare anche solo qualcuna delle cose vendute in cambio di voti servirebbero tanti, tanti euro, che non abbiamo e che pare che i nostri creditori non siano affatto inclini a continuare a darci, almeno non ai tassi degli ultimi 5 anni. Il mancato rispetto del tetto al deficit e/o un aumento serrato del debito dirotterebbero ipso facto le pochissime risorse verso il pagamento di interessi insostenibili sui Bot. E alle nostre pretese l’Europa risponderebbe picche; chi lo convince un cittadino del nord Europa ad accollarsi parte del debito di una nazione dove l’evasione fiscale è più diffusa del pagamento delle tasse, i furbetti del cartellino imperversano, una parte significativa della nazione si aspetta di vivere a lungo con il reddito di cittadinanza, non si riesce a portare a termine un progetto innovativo che sia uno (no TAV, no TAP, no riforme), la produttività  è al palo, si vuole legittimamente andare in pensiona a un’età ragionevole, ma rifiutando la relativa pensione contributiva, etc.?

Quindi: governo che galleggerebbe barcamenandosi fino a quando gli elettori truffati presenterebbero il conto – e che conto – incriminando almeno politicamente i governanti in piazza per alto tradimento degli elettori ingenui.

Resta l’alternativaSavona”: si sforna deficit e si aumenta il debito sino a quando lo spread rende impossibile collocare i BOT a un tasso sostenibile e a quel punto si deve uscire nottetempo dall’Euro (forse ci buttano fuori gli altri) e, gaudio magno, si cominciano a stampare neo-lire col ciclostile. Per allora, probabilmente, le banche degli altri paesi Ue si saranno alleggerite dei nostri titoli così che a fallire sarebbero solo le nostre e in quattro e quattr’otto le neo-lire comincerebbero a svalutarsi a ritmi argentini: risparmi azzerati mese per mese, beni importati con prezzi alle stelle, pensioni utilizzate come carta da toilette, interessi stratosferici sui mutui, credito inesistente, ripristino della scala mobile per trattenere il personale che altrimenti potrebbe stare a casa senza notare differenza di reddito, fino all’arrivo improcrastinabile della Troika e dei suoi piani non negoziabili oppure al passaggio definitivo a economia del terzo mondo. In ambedue i casi per i governanti potrebbero esserci esiti più pesanti della morte politica.

Con queste alternative davanti non si comprende l’euforia di chi si appresta a governare senza accorgersi di essere un morto che cammina ed è anche poco comprensibile quella dei suoi elettori che rischiano di svegliarsi di colpo dal sogno di vendetta contro le élites e l’Europa per accorgersi che le promesse gigantesche avevano i piedi di argilla oppure che nel suicidio collettivo a cavarsela saranno proprio le élites reali e L’Europa.

Spero di stare prendendo una cantonata. Altrimenti: De profundis.

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