Atti dolosi o semplici difficoltà manutentive? I riflettori di Atac – e, a questo punto, anche della Procura di Roma – alla ricerca di possibili sabotatori si concentrano sulle ditte esterne. La rimodulazione dell’orario di lavoro dei meccanici, infatti, non ha cambiato la situazione all’interno delle officine dell’azienda capitolina dei trasporti. La pulizia e il caricamento delle sabbiere – che permettono ai tram di frenare più agevolmente e creare attrito nelle salite – è appannaggio di una società appaltatrice, così come la pulizia accurata del motore che dovrebbe eliminare l’olio ed evitare le scintille che provocano gli incendi sui bus. E anche la ricarica dell’aria condizionata sulle vetture – questione che a brevissimo tornerà prepotentemente di moda – è stata appaltata all’esterno, in questo caso con una maxi gara da circa 6 milioni di euro.

CON l’H24, MENO OPERAI PER TURNO – Nell’esposto presentato mercoledì in Procura di Roma, l’azienda capitolina ha denunciato il 70% in più di guasti delle vetture dopo l’uscita dai depositi, dato registrato dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo con i lavoratori che praticamente tutti i sindacati hanno sottoscritto. Da febbraio, infatti, le parti sociali hanno dato l’ok all’apertura h24 delle officine, ma il personale è rimasto sempre lo stesso: le squadre da 5 elementi per turno che in precedenza si occupavano di rimettere in strada i mezzi, oggi sono ridotte a 2-3 operai ciascuna e la presenza notturna non è stata estesa alle ditte esterne che, appunto, svolgono un fondamentale ruolo di ausilio agli interni. “I colleghi autisti fanno di tutto per far uscire le vetture dai depositi, ma in molti casi si devono arrendere e ritornare in rimessa, perché i guasti sono frequenti”, denunciava poche settimane fa Micaela Quintavalle, la sindacalista filo-pentastellata finita a un passo dal licenziamento dopo l’intervista rilasciata a Le Iene.

CHILOMETRI PERCORSI IN DIMINUZIONE – Un comportamento, in effetti, che potrebbe trovare riscontro nelle pieghe del contratto di servizio, che considererebbe svolta l’intera corsa – ci sono interpretazioni differenti – pure nel caso in cui la vettura sia costretta a rientrare subito in deposito. Anche se tutto va dimostrato. Dati alla mano, da febbraio scorso, con l’entrata in vigore del nuovo accordo manutentivo, c’è stato un calo drastico dei chilometri percorsi dai mezzi su gomma rispetto al programmato. Basti pensare che a gennaio 2018 si riusciva a coprire l’86,5% del percorso, contro l’82% di marzo e l’80% di aprile-maggio, livelli che solitamente si raggiungono solo d’estate, quando i problemi sull’aria condizionata delle vetture hanno la meglio su tutto il resto. Dalla visione aziendale, ciò potrebbe essere determinato dalla già citata opera di “sabotaggio”, secondo i sindacati è invece l’effetto della riorganizzazione che ha portato a spalmare sulle 24 ore la manovalanza, abbassando le prestazioni delle singole squadre.

IL GIALLO DEI TRAM “SABOTATI” – In particolare, nel mini-dossier presentato in Procura, si farebbe riferimento a dei pezzi di legno trovati nelle sabbiere di ben 9 tram, tanto da metterli fuori uso. Atac, trincerandosi dietro il segreto istruttorio, non fornisce i numeri di matricola delle vetture, anche se dall’analisi dei dati qualcosa non torna. La prima a parlare apertamente di “sabotaggio” fu la sindaca Virginia Raggi il 17 aprile scorso, con un post su Facebook, parlando delle vetture in servizio sulla linea 8, appena corredata dei cosiddetti “semafori intelligenti”. Dai dati di monitoraggio armonizzati dal blog Mercurio Viaggiatore, non si evincono sostanziali variazioni nella circolazione nei giorni precedenti e successivi a quella data (dagli 8 ai 12 tram operanti). Il calo drastico è invece avvenuto nel mese di maggio. Nell’ultima settimana, addirittura, viaggiano in media in totale 45 tram sui 70 dei mesi precedenti e sui 118 che dovrebbero circolare, una caduta verticale che non si è placata nemmeno dopo la denuncia in Procura sugli “atti dolosi”.

FLAMBUS: DEPOSITI DIVERSI, STESSO MODELLO – Anche sulla vicenda “flambus” – gli autobus che prendono fuoco improvvisamente nel bel mezzo del servizio – si è gridato spesso al complotto e l’elenco dei casi è stato inserito nell’incartamento consegnato ai pm. Qui, in realtà, la casistica appare ancora più chiara. Più o meno tutte le principali rimesse hanno visto uscire vetture finite poi bruciate (o quasi), ma i modelli interessati sembrano essere sempre gli stessi: i Mercedes Citaro (21 su 44 in due anni e mezzo) poi gli Iveco Citelis (8 su 44). Non a caso, la stessa Atac ha pubblicato un bando pubblico per l’acquisto di sistemi antincendio compatibili con il primo tipo. Insomma, più facile una “propensione di fabbrica” per un modello obsoleto che la presenza di sabotatori sparsi in tutti i depositi, che comunque andrebbero ricercati anche in chi è addetto – aziende esterne – a pulire adeguatamente i motori dall’olio fuoriuscito a causa delle sconnessioni del manto stradale. Infine, una curiosità. Da dicembre 2016, non ci sono stati bus andati a fuoco con l’orario estivo e durante le festività natalizie: che i sabotatori se ne vadano tutti in ferie?

IL PRECEDENTE DEL LUGLIO NERO – Ora toccherà agli inquirenti capire se c’è una regia dietro il calo spaventoso della produzione – ad aprile la “perdita” sul contratto di servizio è calcolata in circa 20,9 milioni di euro – oppure la ben poco rosea situazione economica di Atac ha solo causato comprensibili difficoltà nell’espletamento del servizio. D’altronde, i lavoratori della società capitolina hanno già dimostrato nel luglio 2015, quando protestavano contro il piano industriale ideato dalla giunta Marino, di essere in grado di coalizzarsi bypassando i sindacati e di bloccare il trasporto pubblico cittadino, semplicemente applicando alla lettera il regolamento aziendale.

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