Nessun aspirante sindaco, nessun fermento per la chiusura delle liste, né per l’apertura dei seggi il prossimo 10 giugno. Per Austis, micro comune del Nuorese – 819 abitanti all’anagrafe, quasi al centro geografico della Sardegna – per la seconda volta in municipio arriverà il commissario straordinario. L’appuntamento con le urne è rinviato – forse – al 2019. Succede lo stesso in altri quattro centri dell’interno dell’Isola: Magomadas e Ortueri, nell’Oristanese, Putifigari, in provincia di Sassari e Sarule, ancora nel Nuorese. Tutti distanti dalle città di riferimento e dai servizi base. Rinuncia, o resa, in cinque paesi contro i due dello scorso anno: sempre Austis e Soddì, dove questa volta è stata presentata una sola lista. Una magra consolazione che si ripete in 16 Comuni – praticamente un quarto sui 43 dei 377 sardi chiamati al voto – dove il confronto politico è appiattito sull’unica sfida: il raggiungimento del quorum.

Il caso sardo
I piccoli numeri dell’Isola rivelano un caso: è qui infatti che si concentra la gran parte delle comunali a vuoto. Alle amministrative andrà infatti il dieci per cento circa dei municipi – 763 su 7954 in tutta Italia – e in 7, meno dell’1 per cento, non ci sono liste. Cinque di questi sono in Sardegna. Così denunciava con un sintetico post su Facebook Emiliano Deiana, presidente Anci Sardegna e già sindaco di Bortigiadas, in Gallura, dal 2005. Non solo una conta ma una denuncia sulle liste in solitaria: ‘‘In questa tornata elettorale quasi il 50% dei Comuni sardi chiamati al voto ha un “problema” di rappresentanza democratica, di classe dirigente, di società civile che si vuole impegnare nell’amministrazione della cosa pubblica. La politica sarda e i partiti (e movimenti) dovrebbe iniziare a considerare – anche se è in ritardo di una decina d’anni – questa ‘anomalia’ democratica”. E con Ilfattoquotidiano.it rilancia: ‘‘È un trend che si consolida da tre anni. Le cause sono diverse e rinsaldate dalla percezione diffusa che amministrare è difficile – spiega Deiana – Chi è in carriera difficilmente riesce a conciliare e alla fine preferisce il lavoro. La sproporzione tra burocratizzazione e risorse è incredibile a cui si sommano la responsabilità, civile e penale. Emblematica la situazione di pericolo in caso di maltempo: massima responsabilità, zero mezzi’’. La scarsità di fondi si ripercuote anche a livello personale, Deiana cita l’esempio delle assicurazioni: ‘‘Nei micro bilanci i soldi non ci sono, e spesso gli amministratori non possono permettersi di pagare di tasca 600 euro l’anno. Finisce che in tanti rinunciano alla copertura esponendo le proprie famiglie’’. Lo squilibrio sulle ‘retribuzioni’ che non esiste, secondo Deiana, in nessun altro sistema: ‘‘Il primo cittadino è spesso pagato meno dell’ultimo dipendente che non ha compiti esecutivi’’.

Il deficit democratico e l’allarme attentati contro gli amministratori
Le assenze pesano in comunità considerate di frontiera, dove si rinvia il governo del futuro e quello del presente. Un vero deficit democratico per Andrea Soddu, presidente del Consiglio delle autonomie locali (Cal) e sindaco di Nuoro: “Il fatto che molti sindaci abbiano deciso di non ricandidarsi e molti cittadini non vogliano intraprendere questo percorso, mostra il pessimo stato di salute delle nostre istituzioni democratiche. I sindaci rappresentano il presidio statale più vicino ai cittadini, ma sempre più spesso vengono abbandonati proprio da quello stesso Stato che rappresentano. Lasciati soli a rispondere al territorio, senza avere neanche gli strumenti per poterlo fare”. Così l’impegno civile sconfina sul personale, come ricorda ancora Soddu: “L’applicazione delle nuove normative richiedono risorse che non ci sono e i tagli non aiutano a garantire i servizi, anche quelli di prima necessità. I sindaci diventano così il capro espiatorio del malcontento popolare e spesso la loro stessa incolumità è messa a rischio’’. Una conseguenza, a suo dire di “politiche centraliste” che tengono “risorse e poteri decisionali in mano a poche istituzioni, lasciando ai Comuni solo le problematiche. L’esatto contrario di quello che dovrebbe garantire la nostra Repubblica. A discapito del riconoscimento e della promozione delle autonomie locali’’.

Lo scenario: amministrare è un mestiere pericoloso
Scritte ingiuriose, buste con proiettili, avvisi in stile mafioso e ordigni che esplodono contro case e auto. Nelle comunità sarde, dove il rapporto è uno a uno, non esistono segreti: sindaci, assessori, consiglieri si trasformano in obiettivo da colpire. E amministrare può essere pericoloso: secondo l’ultimo rapporto di Avviso Pubblico intitolato appunto Amministratori sotto tiro in sette anni, dal 2010 al 31 maggio 2017, i casi sono stati 220. Scenario peggiorato negli ultimi tre anni – con il picco del 2015, con 50 episodi – tanto che nel 2016 la Sardegna si è classificata al quinto posto tra le regioni più colpite e la provincia di Nuoro è risultata la più bersagliata a livello nazionale, con 18 atti di intimidazione. Ma dopo la firma di protocolli, carte e visite istituzionali – l’ultima quella del ministro dell’Interno uscente Marco Minniti a gennaio – si stenta comunque a trovare un rimedio.

Il racconto: sindaci di frontiera tra passi indietro e resistenza
Che succede quindi nella vita quotidiana di chi amministra? Un enorme territorio da gestire, reperibilità continua, senso di solitudine. Nella Sardegna a forma di ciambella in cui abitanti ed energie si spostano verso le coste o emigrano chiudere le liste sembra una missione impossibile. Per Deiana “è quasi sparita una generazione quelli tra i 20 e i 40 anni, spesso i più preparati. Vanno via 4mila all’anno, quattrocento al mese’’. Mancano fiducia ed energie vitali e chi le ha a volte le esaurisce dopo qualche rinnovo di legislatura in legislatura. Oppure mette un limite alla disponibilità come è successo appunto a Sarule, 1702 abitanti. Ed è la prima volta in assoluto. Così racconta Mariangela Barca, sindaca uscente, insegnante e madre di tre figli: “Avevo già deciso di dedicare solo cinque anni. Per i piccoli sono aumentati gli adempimenti ma calate le risorse. E le norme addirittura sono spesso in contrasto tra loro come la nuova privacy e la trasparenza. Non è possibile che un paese montano di nemmeno duemila abitanti abbia le stesse regole della capitale o anche solo di Cagliari. Servirebbe una legislazione a parte’’. Barca non considera il suo un passo indietro nonostante “i paradossi siano frequenti e se non li avessi vissuti in prima persona avrei stentato a crederci. Per questo è stata una vera scuola di vita’’. Il suo impegno – e quello della giunta – è stato gratuito, per lanciare un segnale, che nessuno ha però raccolto. Nonostante tutto la sua è una visione fiduciosa: ‘’Per il mio paese penso si tratti di una pausa di un anno, non di più’’. Non si rassegna nemmeno Daniela Falconi, sindaca di Fonni, imprenditrice, spesso in prima linea sulla situazione dell’interno. Così ha scritto su Facebook: “In ogni caso, un augurio di cuore a tutti i candidati, comunque vada e comunque la si pensi fare l’amministratore comunale è una delle cose più complicate ma più meravigliose che possano capitare nella vita’’.

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