La situazione italiana avrà un impatto a catena sulle decisioni di Mario Draghi e degli altri membri del direttivo Bce sulle sorti del quantitative easing, il piano di acquisto di titoli di Stato che stando alla tabella di marcia fissata nel 2017 è destinato a esaurirsi a settembre. A scriverlo è il Financial Times, che mette in luce il “dilemma” del governatore dell’Eurotower tirato per la giacchetta dai “falchi” decisi a non deviare dal progetto iniziale e dalle “colombe” secondo cui occorre proseguire la politica espansiva almeno fino a fine anno. Che fare, è la domanda da cui parte l’analisi, se “gli eventi politici romani scateneranno maggior preoccupazione tra gli investitori – e nel caso in cui la speculazione su un’uscita dall’area euro causasse una fuga dei depositi dalle banche italiane, molte delle quali restano in cattive condizioni”?

“I timori sulla stabilità politica italiana stanno di nuovo turbando i mercati, con gli investitori che prendono in considerazione la probabilità di una coalizione populista a Roma o di nuove elezioni che di fatto sarebbero un referendum sull’euro“, è la premessa del quotidiano finanziario. Di qui il dilemma di Draghi, “con la complicazione aggiuntiva che ogni azione della Bce sarà passata al lentino alla ricerca di segnali che il presidente stia esercitando una indebita influenza su Roma”. Nei giorni scorsi il programma di acquisti è andato avanti senza cambiamenti, come confermato da un portavoce dell’istituzione di Francoforte al Sole 24 Ore. Gli acquisti di titoli di Stato sono passati dai 3,38 miliardi della settimana del 18 maggio, sottolinea il quotidiano di Confindustria, ai 3,62 della settimana del 25 maggio.

Ma, appunto, da settembre il qe – già ridotto da 60 a 30 miliardi al mese – dovrebbe esaurirsi e da quel momento la Bce reinvestirà solo i proventi ottenuti dai bond in scadenza, pari a circa 2 miliardi al mese per l’Italia. In seguito, da metà 2019, la Banca centrale europea dovrebbe iniziare a “normalizzare” la propria politica alzando i tassi come già fatto da Fed e Bank of England. Gli occhi ora sono puntati sul meeting di politica monetaria di Riga in calendario per il 14 giugno. Quel che Draghi potrebbe fare, spiega il quotidiano, è evitare di “citare una data finale per il qe, cosa che equivarrebbe a sparare ai piedi dell’Italia”, come sottolinea l’economia Carsten Brzeski di Ing-DiBa. “La situazione italiana fa pendere la bilancia a favore delle colombe e chiede alla Bce di tenersi aperte più opzioni e addirittura rendere chiaro che estenderà il qe almeno fino a dicembre”.

In ogni caso, ricorda il Ft, il quantitative easing è una misura di supporto monetario per l’intera zona euro e non è mirata ad aiutare singoli paesi che si trovino in condizioni di particolare vulnerabilità con il rischio di perdere accesso ai mercati per il rifinanziamento del debito. Lo strumento da attivare in quel caso è il programma Outright Monetary Transactions, quello annunciato da Draghi nell’estate drammatica del 2012, quella del “whatever it takes, e mai davvero messo in atto. Ma per avere accesso a quel salvagente Roma dovrebbe accettare di “entrare in un programma di aggiustamento fiscale gestito da Bruxelles, qualcosa che quasi certamente sarebbe inaccettabile per il governo Lega-M5s”.

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