Ergastolo per i due ragazzi albanesi accusati di aver sgozzato nel luglio 2015 Ismaele Lulli, il 17enne di Sant’Angelo in Vado, in provincia di Pesaro e Urbino, accoltellato per aver avuto una relazione con la fidanzata di uno dei due presunti assassini, Igli Meta, 20 anni. Lo ha deciso la Corte d’Assise d’appello di Ancona, che ha escluso la premeditazione ma ha riconosciuto l’aggravante della crudeltà e sevizie per l’accusa di concorso in omicidio volontario. Pena confermata per Meta e aumentata per l’amico che lo avrebbe aiutato a uccidere Lulli, Marjo Mema, di 19 anni, che in primo grado era stato condannato a 28 anni e quattro mesi.

“Chiedo scusa a tutti, ho sbagliato e voglio pagare per quello che ho fatto ma non ho ucciso Ismaele“, ha detto Meta in aula prima della sentenza. Il 20enne è accusato di essere l’autore materiale del delitto, avvenuto il 17 luglio 2015, quando secondo la ricostruzione dell’accusa Lulli fu attirato vicino a una chiesa abbandonata nella frazione di San Martino in Selva con l’inganno di un sms iviato del telefono della ragazza contesa che diceva di volerlo vedere. Lì il ragazzo fu prima legato a un croce e poi sgozzato.

Meta ha confermato di aver sferrato “due coltellate” al 17enne colpevole, a suo dire, di aver avuto una relazione con la sua fidanzata. “Io non ho sgozzato Ismaele”, ha però affermato in aula raccontando che sarebbe stato Mema a indossare i guanti che aveva in auto e a infliggere il colpo letale alla gola di Lulli, dopo averlo accusato di essere un “infame”, anche per rancori maturati tra i due in precedenza. Sul coltello ricevuto da un amico qualche giorno prima, Meta ha sostenuto di averlo chiesto per tagliare i panetti di hascisc che spacciava perché l’aveva perso.

“Non posso dire di essere felice ma ora mio figlio può riposare in pace“, ha commentato la madre di Ismaele, Debora Lulli. “Auguro a questi due ragazzi di capire la gravità di ciò che hanno fatto soprattutto a mio figlio”. Scossi dopo il verdetto i familiari di Mema, con la madre, poi soccorsa davanti alla Corte d’appello per un lieve malore, che aveva insistentemente chiesto di vedere il figlio pensando che si fosse sentito male. “I genitori – ha detto Debora Lulli – non hanno sicuramente colpe, noi genitori non abbiamo le colpe per i nostri figli. Però chi sbaglia deve pagare. Loro una possibilità di redimersi ce l’hanno ancora, mio figlio non ha più nessuna possibilità”.

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