Le bollette da pagare, i figli da mantenere e magari anche un mutuo da estinguere. Tutto questo con uno stipendio netto che oscilla, di media, intorno ai 1.400 euro e che non permette certo ad un insegnante italiano di sperperare i propri risparmi. Ma se tutto d’un tratto anche l’unica certezza, ovvero la busta paga mensile, venisse meno? L’incubo si è materializzato in provincia di Pistoia dove 87 lavoratori della scuola tra insegnanti e personale Ata si sono visti arrivare per tre mesi consecutivi – da febbraio ad aprile, e lo stesso probabilmente si ripeterà anche a maggio – buste paga da 1 euro o, per i più fortunati tra loro, da venti. L’immotivato decurtamento, o per meglio dire azzeramento, dello stipendio è il frutto di un clamoroso errore burocratico di un dipendente dell’Ufficio scolastico provinciale che – come ammesso dallo sfortunato protagonista e dai ministeri di Istruzione ed Economia – avrebbe caricato in maniera errata i valori degli stipendi da liquidare. In sostanza, secondo le tabelle dell’Ufficio scolastico gli 87 dipendenti risultavano avere uno stipendio annuo molto più alto facendo così balzare l’Irpef fino al 38% e automaticamente portando a zero, o quasi, la loro busta paga effettiva.

La storia inizia diversi mesi fa, ad agosto dell’anno scorso, quando i lavoratori ottengono un risarcimento dal Miur a titolo di indennizzo in quanto vantavano dei diritti stipendiali che non gli erano stati riconosciuti (per anni erano stati reiterati dei contratti a tempo determinato). Per legge un indennizzo di questo genere deve essere tassato separatamente rispetto allo stipendio da dipendente pubblico ma per un errore umano di un dipendente dell’Ufficio scolastico provinciale il risarcimento è stato inserito nella Certificazione Unica (Cud) e così ha fatto balzare in alto l’aliquota Irpef dei lavoratori della scuola. La prima busta paga da un euro o da venti è stata ricevuta a febbraio e i lavoratori disperati si sono rivolti alla Cisl Scuola di Pistoia che ha subito denunciato l’errore: “Di fronte all’evidenza il ministero dell’Economia, che gestisce tutti tabulati degli stipendi pubblici, ha ammesso l’errore e ci ha garantito che riporterà le buste paga alla normalità il prima possibile”, racconta a Ilfattoquotidiano.it la segretaria provinciale del sindacato di categoria, Catia Fagioli. Il problema, per molti degli 87 insegnanti e lavoratori della scuola, è costituito dai tempi biblici della burocrazia italiana: fino a giugno infatti per molti di loro la situazione rimarrà la stessa con uno stipendio sostanzialmente azzerato e diverse famiglie da portare avanti.

“Quando ho ricevuto la prima busta paga da un euro a febbraio ho subito denunciato tutto al sindacato ma c’erano molti altri colleghi nelle mie stesse condizioni – racconta al Fatto.it Maurizio Pacini, professore di chitarra al liceo Musicale Niccolò Forteguerri di Pistoia – mi è arrivato un euro anche a marzo mentre ad aprile nella busta paga c’erano 200 euro, comunque uno stipendio troppo basso per un docente di scuola superiore. Rivolgendoci al ministero abbiamo subito chiesto l’immediato ricalcolo dello stipendio e di riavere quei soldi con la prima busta paga utile ma ci hanno risposto che ci sono dei tempi tecnici che servono per risolvere il problema. Ci sentiamo impotenti, in balia degli eventi e dei tempi della burocrazia italiana. Adesso siamo preoccupati: il mutuo che corre, le spese quotidiane e le bollette che si presentano puntuali. Come facciamo adesso?”.

Le buste paga dovranno tornare alla normalità necessariamente a giugno perché entro luglio i lavoratori dipendenti devono presentare la dichiarazione dei redditi. “Purtroppo i tempi della correzione dell’errore latitano – conclude Fagioli – noi ci siamo mossi in maniera molto forte per arrivare ad una soluzione ma se questo non dovesse avvenire siamo pronti anche ad aprire un contenzioso tributario. In un momento di crisi come questa non si possono lasciare quasi 90 dipendenti della scuola senza stipendio per diversi mesi”.

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