Martedì 22 maggio è una bella giornata a Kiev, capitale dell’Ucraina. Visto il clima accogliente, per un visitatore non c’è che l’imbarazzo della scelta fra una passeggiata nel lussuoso Giardino Botanico di Grishko o una visita alla Cattedrale di Santa Sofia, patrimonio dell’Unesco e costruita nei primi decenni dopo l’anno mille. Si dice che le sue 13 cupole in quercia siano un omaggio voluto da Jaroslav I il Saggio verso i cittadini di Novgorod (ora città della Federazione Russa) che lo aiutarono a riacquistare il trono perduto, sconfiggendo in battaglia il fratello Sviatopol nel 1019. Dai Giardini di Grishko alla Cattedrale occorrono circa 10 minuti d’auto, lo stesso tempo che si impiega a percorrere in macchina la strada che separa Piazza dell’Indipendenza, conosciuta ai più come Piazza Maidan, dall’Olimpiyskiy National Sports Complex, in cui sabato si giocherà la finale di Champions League fra Liverpool e Real Madrid.

La Cronaca – Vi è un fattore che unisce tutti coloro che assisteranno alla partita, che sia dagli spalti o in qualche locale lungo il fiume Dnepr. Nessuna persona in tutta la città di Kiev, infatti, vedrà apparire il brand di uno dei principali sponsor della Champions League: quello di Gazprom. Nella giornata di martedì le autorità governative si sono affrettate a rimuovere dal Champions Festival, una sorta di terzo tempo permanente attorno lo stadio della finale, qualsiasi rimando alla compagnia di stato russa. Andriy Miroshnychenko, rappresentante del governo ucraino nelle operazioni di preparazione alla finale ha giustificato la decisione come un atto “contro ogni cosa ed ogni persona collegata al paese aggressore”: un chiaro riferimento alle azioni della Russia negli ultimi anni. La Uefa si è affrettata a rilasciare una dichiarazione, spiegando che il malinteso con l’organizzazione riguardo la visibilità del partner durante il Champions Festival è stato ora risolto. Le autorità hanno parlato di proteste da parte dei cittadini di Kiev per la presenza del logo di Gazprom in città. Tutti i main partner avranno un luogo in cui potersi pubblicizzare. Tutti tranne la compagnia russa. Ma andiamo con ordine.

La Partita, la Partnership e l’amore per il Calcio – Oltre all’indiscutibile valore lirico, la vittoria nel match di sabato varrà un premio di circa 100 milioni di euro, di cui più della metà messi sul piatto dalla Uefa e il resto rappresentato dai sostanziosi diritti televisivi. L’evento è infatti una fra le competizioni sportive più seguite al mondo. Un mercato ghiottissimo per gli sponsor che investono per accoppiare il proprio brand a quello della manifestazione della “cultura sportiva egemone”, utilizzando le parole dei politologi Markovitz e Rennsman. Fra questi, non a caso, vi sono anche i russi di Gazprom, l’azienda leader nel mercato del gas e uno strumento formidabile nelle mani del Cremlino. Un rapporto, quello fra il colosso russo e la Champions League, nato nel 2012 e rinnovato già per due volte, l’ultima nel febbraio del 2018, con un contratto triennale che terminerà nel 2021. Ufficialmente, né la Uefa né Gazprom hanno rivelato i dettagli dell’accordo di partnership. È dunque impossibile verificare se l’azienda potrà rivalersi sulla Uefa per il danno d’immagine subito a causa delle vicende di Kiev. Nel suo paese d’origine innanzitutto Gazprom è legata alle imprese agonistiche dello Zenit di San Pietroburgo di cui ne ha acquisito la proprietà nel 2005 attraverso l’intervento di Gazprombank. I risultati non si sono fatti attendere: da allora 4 campionati vinti ed una Coppa Uefa nella stagione 2007-2008. Nonostante gli investimenti, l’ultima stagione si è rivelata disastrosa, con il peggior piazzamento da anni in campionato e l’uscita agli ottavi di finale dell’Europa League per mano dei tedeschi dell’RB Lipsia. La società e il tecnico Roberto Mancini hanno rescisso consensualmente il contratto in essere dalla scorsa estate, consentendo all’allenatore marchigiano di andare ad occupare la panchina della nazionale italiana.

Il primo tifoso dichiarato dello Zenit è lo stesso Vladimir Putin, il quale ha origini pietroburghesi così come gran parte dell’establishment governativo al Cremlino, i cosiddetti Pitersty. Tra questi anche Dmitrij Medvedev, appena riconfermato nella carica di Primo Ministro dalla Duma e Aleksej Miller, CEO di Gazprom da oltre 15 anni. In Europa l’azienda russa è anche sponsor, dal 2007, della compagine tedesca dello Schalke 04. Proprio in quell’anno Gazprom era nel pieno delle trattative con il governo di Berlino per il progetto Nord Stream, il primo gasdotto a collegare direttamente il più grande produttore di gas al mondo con il primo mercato del gas in Europa. La partnership è stata riconfermata sino al 2022 e, ovviamente, un nuovo gasdotto è in fase di costruzione nel Mar Baltico. In Serbia, invece, il caso più recente di sponsorizzazione della Stella Rossa di Belgrado, accordo anche questo siglato nel momento in cui la Russia era alla ricerca del consenso del governo serbo per far transitare il gasdotto South Stream sul suo territorio. Successivamente si è anche parlato di un tentativo di acquisto diretto del club da parte di Gazprom; accordo che pare sia saltato per la volontà del governo serbo di entrare nell’Unione Europea.

La Politica e l’Energia – Un investimento, quello di Gazprom nella Champions League, che sotto il profilo temporale è stato perfetto. Nel 2012 Gazprom si assicurava la partnership e in questi sei anni i rapporti fra Unione Europea e Federazione Russa hanno subito un mutamento epocale. In pochi mesi, fra il 2013 ed il 2014, si sono succeduti degli eventi di grande rilevanza: Piazza Maidan, la fuga del Presidente eletto Yanukovich in Russia, l’invasione della Crimea da parte di truppe regolari dell’esercito russo e la sua annessione come soggetto indipendente alla Federazione Russa. L’Ucraina ha cambiato volto e così ha fatto l’Europa nei confronti di Mosca, con uno scambio di sanzioni durissime riconfermate nel corso degli anni. ll governo centrale di Kiev, invece, zavorrato da una crisi economico finanziaria devastante ed un calo del PIL del 50% circa (biennio 2013-2015), dal maggio del 2014 riceve il sostegno da parte di diversi organismi finanziari come la Banca Mondiale e la Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Misure di austerità sono state supportate dal Fondo Monetario Internazionale e dall’Unione Europea, che hanno usato la leva economica per smantellare il potere concentrato nel settore pubblico puntando ad una forte decentralizzazione dei servizi.

Dei 15 miliardi di euro previsti in prestito dal Fondo Monetario Internazionale soltanto ha 7,2 sono stati erogati mentre i rimanenti sono rimangono congelati in attesa che il governo di Poroshenko imposti misure contro la dilagante corruzione e riformi il prezzo del gas, attualmente troppo basso in base agli standard internazionali. Lo stesso gas che viene acquistato dall’Ucraina grazie ai propri vicini europei. Ciò a causa del fatto che dal novembre 2015 Gazprom ha interrotto qualsiasi vendita diretta a Naftogaz, la compagnia di bandiera ucraina che ha recentemente vinto un ricorso alla Corte di Arbitraggio di Stoccolma proprio per le mancate consegne del gas. I russi hanno già dichiarato di non voler pagare l’indennizzo prospettato nella sentenza di circa 2,17 miliardi di euro. Nel frattempo, uno studio dell’OIES ha stimato che il 2 marzo scorso, durante un’intensa gelata che ha colpito tutta l’Europa, gli unici gasdotti in grado di poter ancora aumentare i flussi di gas erano proprio quelli che transitano dall’Ucraina, segno che Mosca vuole applicare tutta la pressione esercitabile sul paese e nel frattempo continuare a rifornire il suo più importante mercato per le risorse energetiche, l’Europa. Durante la stessa settimana il governo di Kiev è stato costretto ad imporre la chiusura di asili, scuole ed università, proprio per la mancanza di gas a disposizione e le gelide temperature.

Le molte finali di Kiev – Il futuro non sembra prospettare un clima migliore fra Russia ed Ucraina. Nel 2019 infatti scadrà il contratto che lega Gazprom a Naftogaz e la compagnia russa non sarà più tenuta a rifornire l’Europa tramite i gasdotti ucraini, pagando a Kiev un sostanzioso diritto di transito. Il rischio è quello di una ennesima crisi politica del gas ed un blocco dei flussi che potrebbe costringere l’Ucraina a dover scegliere se ricevere i rifornimenti dall’Unione Europea ad un costo molto più alto dell’attuale o ripiegare, ancora una volta, su un accordo con Gazprom. La posizione dei russi è stata infatti rafforzata dalla diversificazione delle opzioni di esportazione, attraverso nuovi gasdotti come il Nord Stream II nel Mar Baltico, che correrà parallelo al gasdotto già in funzione e dovrebbe essere costruito entro il 2019. Una scelta strategica, quella di ricevere gas dall’Europa o dalla Russia, di non poco conto per l’Ucraina. Sempre nel 2019 Kiev andrà ad elezioni e il governo attuale dovrà confrontarsi con un probabile calo di consensi dovuto alle riforme imposte alla popolazione dal 2014 ad oggi.

Yulia Timoshenko, liberata dalle carceri durante le rivolte di Piazza Maidan e riabilitata alla politica dopo lo scandalo che la portò in galera nel 2011, emerge dai sondaggi come la potenziale vincitrice. Ben nota è la sua visione di un’Ucraina filo-occidentale, tanto che sia Bruxelles sia Washington ne hanno richiesto la liberazione ai tempi dell’incarcerazione. Una lotta intestina fra le forze politiche che guardano ad Europa e Stati Uniti potrebbe ulteriormente indebolire il paese ed è difficile che il Cremlino, come fece Jaroslav il Saggio, non provi a sfruttare questa situazione per tentare di insediarsi nel Palazzo di Kiev. Se sabato, dunque, si assegnerà l’ambitissimo trofeo della Champions League, una finale molto più complessa e delicata pare all’orizzonte. Come si dice in questi casi, che “vinca il più rifornito”.

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