Arrestato e rilasciato nel giro di poche ore. Harvey Weinstein, il 66enne magnate di Hollywood caduto in disgrazia dopo le denunce di aggressioni sessuali da parte di decine di donne del mondo dello spettacolo, andrà a processo con le accuse di stupro e molestie. Sono i reati relativi ad “incidenti che coinvolgono due donne diverse”, ha fatto sapere il Dipartimento di polizia di New York, che “ringrazia queste coraggiose sopravvissute per il loro coraggio di farsi avanti e cercare giustizia”. Niente carcere per il produttore cinematografico, che ha pagato una cauzione da un milione di dollari e ha accettato di utilizzare un braccialetto elettronico per il monitoraggio dei suoi movimenti.

L’avvocato: “Le accuse non sono provate” – Weinstein si era consegnato spontaneamente alla polizia venerdì mattina, presentandosi con tre grandi libri sotto braccio in un commissariato di New York intorno alle 7:30 orario Usa. Il magnate andrà sicuramente a processo per almeno un caso, quello della cantante irlandese originaria dello Zimbabwe Lucia Evans, che ha detto che Weinstein l’ha costretta a fare sesso orale durante una riunione di lavoro nel 2000. Gli inquirenti hanno incriminato Weinstein anche per stupro, probabilmente con riferimento al caso di Paz de la Huerta, l’attrice che aveva accusato l’ex produttore di averla violentata nella sua casa di New York nel 2000, anche se il suo nome non è stato fatto ufficialmente.

Weinstein, che ha sempre sostenuto di non avere mai avuto dei comportamenti sessuali non consensuali con nessuno, anche oggi si è dichiarato innocente: “Riteniamo che queste accuse abbiano dei problemi dal punto di vista costituzionale e che non siano effettivamente sostenute da prove“, ha detto il suo avvocato parlando ai giornalisti all’uscita dal tribunale di New York. Il legale si è detto convinto del fatto che il suo cliente potrà essere scagionato, a patto che si riesca a formare una giuria che non sia stata già “orientata” dal movimento #metoo. Al termine dell’udienza, Weinstein ha anche accettato di consegnare il passaporto: ora non potrà lasciare New York e il vicino stato del Connecticut.

Come è iniziato lo scandalo molestie – La scelta di consegnarsi alle autorità apre un nuovo capitolo nella storia di Weinstein, l’uomo che con il suo comportamento ha dato vita al Movimento #MeToo. A far scoppiare lo scandalo era stata un’inchiesta pubblicata il 5 ottobre 2017 dal New Yorker. Il quotidiano statunitense aveva raccolto le testimonianze di una quindicina di vittime che accusavano il produttore di averle molestate. Tra loro, stelle del cinema come Ashley Judd e Rose McGowern, ma anche impiegati delle compagnia di Weinsten, dipendenti della Miramax e della successiva The Weinstein Company.

Queste prime rivelazioni avevano dato il via a una serie di accuse ai danni di Weinstein, con decine di attrici che nel corso della loro carriera avevano avuto a che fare con lui che denunciano atteggiamenti simili: allusioni, atteggiamenti violenti, provocazioni a sfondo sessuale e in alcuni vase veri e propri tentativi di approcci sessuali, anche violenti, con la promessa di una parte nei film prodotti dalla sua società o il pagamento per rimanere in silenzio. Tra loro anche grandi nome dello spettacolo come Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie e Cara Delevingne.

La caduta del re di Hollywood – In tanti prendono le distanze o si scusano per non avere avuto il coraggio di testimoniare cose che si sapevano da tanto tempo. La moglie (la stilista Georgina Chapman) lo lascia. La Academy of motion, pictures, arts and sciences, l’organizzazione che assegna gli Oscar a Hollywood, annuncia la sua espulsione. Il regno del magnate, venerato per anni nel mondo della spettacolo statunitense, si sbriciola pezzo dopo pezzo, e anche l’uomo entra in crisi, con la figlia che dopo qualche gi0rno dalle prime rivelazioni chiama la polizia avvertendo che il padre vuole suicidarsi e il fratello che parla di un “uomo malato e depravato”.

Questo clima, oltre a distruggere il personaggio Weinstein, porta alla nascita del movimento di protesta mondiale #MeToo, l’hashtag usato sui social media per aiutare a dimostrare la diffusa prevalenza di violenza sessuale e molestie, soprattutto sul posto di lavoro, subita dalle donne, non solo nel mondo dello spettacolo, sollevando casi simili anche nel mondo della musica, della moda e della gastronomia.

La denuncia di Asia Argento e il #MeToo italiano – Lo scandalo molestie che coinvolse Weinstein scatenò un forte dibattito anche in Italia dopo la denuncia dell’attrice Asia Argento, che accusò il produttore di averla costretta a fare sesso“Gli ho detto di fermarsi ma mi ha spaventato, era gigante – rivelò al New Yorker – Non si è bloccato, era un incubo”. Dopo questo episodio, avvenuto nel 1997, i due avrebbero avuto una relazione, con sesso consenziente: “Se fossi stata una donna forte, gli avrei tirato un calcio nelle palle e sarei scappata. Ma non l’ho fatto. Il brutto di esserne stata vittima è che mi sento responsabile”, raccontò ancora l’attrice.

La Argento era tornata a parlare della vicenda poche settimane fa direttamente dal palco del Festival di Cannes, il primo dopo lo scandalo che ha sconvolto il mondo del cinema: ““Nel 1997 sono stata stuprata da Harvey Weinstein qui a Cannes. Avevo 21 anni. Questo festival era il suo territorio di caccia. Voglio fare una previsione: Harvey Weinstein non sarà mai più benvenuto qui. Vivrà in disgrazia, escluso dalla comunità che un tempo lo accoglieva e che ha nascosto i suoi crimini“. Poi un’accusa alla platea: “E perfino stasera, seduti tra di voi, ci sono quelli che ancora devono essere ritenuti responsabili per i loro comportamenti contro le donne, che non sono accettabili in questo settore. Sapete chi siete. Ma soprattutto noi sappiamo chi siete. E non vi permetteremo più di farla franca”, ha detto l’attrice.

Ma prima della Argento, un’altra italiana aveva denunciato i comportamenti di Weinstein. Era il marzo del  2015 e la modella Ambra Battilana, dopo aver accusato di molestie il produttore, su richiesta degli agenti di New York aveva deciso di incontrarlo di nuovo indossando un microfono nascosto. Sarà proprio quella registrazione, due anni e mezzo dopo, la prova-chiave che renderà credibili le denunce di decine di altre donne, che nei mesi successivi alle dichiarazioni di Asia Argento raccontarono casi simili di pressioni o richieste a sfondo sessuale ricevute sul lavoro, dando vita a un filone nostrano dallo scandalo partito da Hollywood

Le vittime raccontarono di episodi non sempre recenti e questo ritardo nel denunciare ha dato vita a una discussone sul fatto che per anni non si fosse parlato di quegli atteggiamenti, sostanzialmente tollerati nell’ambiente. Proprio su questo è intervenuta oggi l’esponente di Liberi e uguali Laura Boldrini, una delle prime a commentare la decisione di Weinstein: “Asia Argento è stata la prima a denunciare #Weinstein. E per questo in Italia è stata attaccata e messa da molti sul banco degli imputati. Adesso tutti quelli che l’hanno fatto abbiano la compiacenza di chiederle scusa! #ForzaAsia #MeToo”, ha scritto su Twitter l’ex presidentessa della Camera, che proprio nell’ultima legislatura si è fatta portavoce di tante battaglie per difendere la pari dignità delle donne.

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