Lo spread fra Btp italiani e Bund tedeschi è tornato sopra quota 200 punti base, i massimi da giugno scorso, nel giorno di attesa per la presentazione al Colle della lista dei ministri preparata dal premier incaricato Giuseppe Conte. Presentazione che non è arrivata, visto che tra i due c’è stato solo un “colloquio informale” per fare il punto. Il differenziale di rendimento tra i titoli decennali italiani e quelli di Berlino si è allargato fino a 216 punti e il tasso di interesse pagato dai Btp ha toccato il 2,47%, il livello più alto da ottobre 2014. Nel pomeriggio una lieve discesa, fino alla chiusura a quota 206.

A pesare sul rialzo del differenziale rispetto ai titoli decennali tedeschi è la tensione sul nome del ministro dell’Economia, con il nome di Paolo Savona sempre in pole position e difeso nella giornata di giovedì da Lega e Movimento Cinque Stelle nonostante il pressing del Capo dello Stato che, con il linguaggio felpato del Colle, ha parlato di “diktat” ricordando l’autonomia del Quirinale e del premier nella scelta degli uomini per i dicasteri. Continua ad allargarsi anche il differenziale di rendimento con la Spagna, che meglio rappresenta il segnale del rischio Paese legato all’Italia: il divario tra Btp e Bonos si è ampliato a 104 punti base, sui massimi dal 2012 e la forbice tra Italia e Portogallo viaggia sui 53 punti base.

Sul fronte azionario Piazza Affari ha aperto negativa e ha virato in profondo rosso nel pomeriggio con il Ftse Mib scivolato fino a -2,3% in controtendenza rispetto al resto d’Europa. Il listino milanese, che ha chiuso in calo dell’1,54%, risente del nervosismo legata alla formazione del nuovo governo Lega-M5S: dallo scorso 15 maggio, quando le tensioni hanno iniziato a condizionare i mercati, l’indice ha perso in nove sedute il 7,3%, pari a 51 miliardi di capitalizzazione.

Ma la Borsa di Milano è appesantita anche dai titoli bancari, sia perché gli istituti hanno in pancia grandi quantità di titoli di Stato sia perché come calcolato dal Sole 24 Ore la flat tax contenuta nel contratto di governo, riducendo le aliquote, avrebbe un impatto negativo sui loro conti per effetto dell’impossibilità di dedurre dalle tasse tutti i crediti di imposta (Deferred tax asset) iscritti nei loro bilanci.

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