Il palazzo di Giustizia di Bari è “a rischio crollo”. E a indagare è la Procura, che ha i suoi uffici proprio in quel palazzo. Secondo una relazione tecnica depositata dall’Inail, l’edificio di via Nazariantz presenta delle “criticità strutturali” nelle fondamenta e nei solai. Per questo, il procuratore Giuseppe Volpe ha annunciato il probabile sgombero di tutti gli uffici e dei dipendenti (compreso se stesso, quindi). E nel pomeriggio è arrivata la firma del sindaco Antonio Decaro: “L’agibilità dello stabile è sospesa” (non uno sgombero immediato, quindi, così da permettere il trasferimento di fascicoli e documenti). Come conseguenza, il presidente del Tribunale, Domenico De Facendis, ha disposto il rinvio di tutte le udienze previste per i prossimi tre giorni nelle aule del Palagiustizia (ad eccezione di direttissime, riesami, udienze preliminari con detenuti e convalide degli arresti, che si terranno in altre sedi). E non è la prima volta che il palazzo della Procura finisce sotto la lente degli stessi magistrati che ci lavorano. Un’indagine, poi passata ai colleghi di Lecce, era già stata avviata nel 2010 ed era stata archiviata dopo i lavori di consolidamento effettuati nel 2012. Lavori oggi giudicati “inutili” per la tenuta dell’edificio.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dal sostituto Fabio Buquicchio, è al momento a carico di ignoti. Oltre alla relazione presentata dall’Inail, che è proprietario dell’immobile, i magistrati hanno chiesto una consulenza al professor Bernardino Chiaia del Politecnico di Torino. L’ipotesi è che siano state violate le norme relative alla sicurezza sul lavoro e che il palazzo sia a rischio crollo. Un pericolo che era già stato rilevato nel 2010.

All’epoca il pm barese Renato Nitti aveva affidato delle verifiche tecniche al Servizio di vigilanza sull’igiene e sicurezza dell’Amministrazione della Giustizia (Visag) e ai Vigili del fuoco. L’allora procuratore di Bari, Antonio Laudati, aveva poi trasmesso gli atti alla procura di Lecce perché, essendo datore di lavoro e responsabile della sicurezza dei lavoratori dell’edificio, rischiava di essere indagato a sua volta. I colleghi salentini decisero quindi di archiviare l’indagine e rinviarono gli atti a Bari. Da qui la decisione di aprire un nuovo fascicolo d’inchiesta per valutare eventuali altre responsabilità.

Una storia giudiziaria, quella del palazzo di Giustizia di via Nazariantz, iniziata più di quindici anni fa. I due costruttori Giuseppe e Antonio Mininni, infatti, sono finiti al centro di due procedimenti penali, entrambi conclusi con condanne in primo grado e prescrizione dei reati in appello. Il primo processo per abuso edilizio, filone che ha portato nel 2002 al sequestro con facoltà d’uso dell’immobile (poi revocato nel 2008). Il secondo per frode in pubbliche forniture, truffa ai danni dell’Inail e del Comune e falso.

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