Il sostituto procuratore che diede del “delinquente” al presidente dell’Anac Raffaele Cantone, definì “bastardi” i pm anticamorra Alessandro Milita e Antonello Ardituro (quest’ultimo ora consigliere del Csm) e appellò “cornuto” il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, si è dimesso dalla magistratura. Donato Ceglie, ex acclamato pm a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) per le sue inchieste sulle ecomafie che ne fecero una icona delle associazioni ambientaliste e dell’anticamorra militante, ha presentato istanza di dimissioni il 5 febbraio. Ma la Quarta Commissione del Csm non ha ancora trattato il caso: la rinuncia alla toga non è automatica, deve essere vagliata e approvata in commissione e dal plenum. Per imprimere un’accelerazione alla pratica, l’avvocato di Ceglie ha scritto al vice presidente del Csm Giovanni Legnini una lettera dai toni garbati, con la quale sottolinea che il suo cliente, oltre a voler rinunciare ad arretrati pendenti e ad un eventuale risarcimento danni, ha anche problemi di salute e familiari, da circa due anni è sospeso dal ruolo, e questa condizione di stallo gli impedisce di vagliare proposte di lavoro che gli stanno pervenendo e che potrebbero non ricapitare

Al momento infatti Ceglie non è in servizio. Era sostituto procuratore generale a Bari quando è stato sospeso in via cautelare nel 2016 dopo l’uscita di intercettazioni imbarazzanti allegate a un’inchiesta del pm di Roma Barbara Sargenti che lo indagava per abuso d’ufficio e violazioni fiscali, nonché per ipotesi di corruzione aggravata sulle quali era già maturata la prescrizione. Dalle conversazioni captate dai carabinieri emergeva il rancore e il disprezzo di Ceglie verso alcuni colleghi ritenuti la causa dei propri guai, nonché accenni a raccogliere in un dossier del materiale compromettente nei loro confronti.

L’inchiesta è sfociata in un processo concluso a novembre con la condanna in primo grado a 1 anno e 6 mesi per aver accettato un incarico di consulente di fatto di Coldiretti senza aver chiesto il nulla osta del Csm (che non avrebbe mai potuto ottenere, trattandosi di un’associazione privata) e la prescrizione di un abuso d’ufficio per il quale il Tribunale di Roma ne ha sentenziato la responsabilità penale: ovvero il non essersi astenuto dal trattare un fascicolo su una querela contro una donna che era la sua amante. Le 58 pagine di motivazioni sono molto severe. Ricostruiscono la preparazione del rapporto Agromafie di Coldiretti, che fu “presentato in pompa magna a Palazzo Rospigliosi”, si legge in una testimonianza, e di come uno stretto collaboratore di Ceglie, Raffaele Russo, che aveva una postazione fissa negli uffici del pm, si prestò a un gioco di fatture false a suo nome per prestazioni inesistenti. Un lavoro che, di fatto, era stato svolto dal magistrato in prima linea contro la Terra dei Fuochi, diventato in quegli anni una sorta di “direttore scientifico de facto” di Coldiretti. Russo fatturava a varie articolazioni di Coldiretti che manco conosceva, incassava i bonifici e poi ne girava gli importi a Ceglie con assegni o dopo aver prelevato col bancomat. I rapporti tra i due erano così stretti, con la sottomissione del primo ai voleri del secondo, che Russo consegnò le chiavi della mansarda della sua abitazione a Ceglie e ne pagava di tasca sua le utenze. Il magistrato, residente a Napoli, gliela chiese come punto di appoggio a Santa Maria Capua Vetere. Iniziò a utilizzarla per la sua vita privata e per incontrare la donna, Sara Fusco, indagata in un suo procedimento per una querela dell’ex marito Luigi Leo. Russo però aggiunse in aula che dovette dare spiegazioni al vicinato e alla moglie sul “via vai di ragazze di tutti i tipi” in quella mansarda che si trovava proprio sopra l’abitazione del collaboratore del pm. Già in altre vicende Ceglie si era ritrovato indagato – e assolto – per una relazione sentimentale con una signora coniugata con una persona sotto inchiesta del suo ufficio. Nell’informativa consegnata alla Procura di Roma, i carabinieri hanno dedicato un capitolo rapporti di Ceglie con le studentesse universitarie quando il magistrato era docente di ordinamento giudiziario presso la Facoltà di Giurisprudenza. Circostanze prive di rilievo penale. E comunque Russo ad un certo punto litigò col pm, decise di mettere un lucchetto alla porta della dependance, e il via vai finì.

I giudici hanno ritenuto senza rilievo penale anche il meccanismo delle fatture false emesse dal 2009 al 2011 per circa 70.000 euro e sul punto hanno assolto Ceglie. Il particolare regime fiscale di Coldiretti ha reso impossibile contestare il reato, definite però “un meccanismo perfetto” per spillare quattrini. Invece sul versante disciplinare Ceglie è stato riconvocato davanti al Csm il 4 giugno.

 

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