Sono passati 40 anni dall’approvazione della legge 194, che legalizza l’interruzione volontaria di gravidanza e, in occasione di questo anniversario, oggi (22 maggio) e sabato 26 maggio la rete femminista “Non una di meno” torna nelle piazze di tutta Italia per rimettere al centro del dibattito pubblico l’applicazione di quella legge. Il movimento rivendica la libertà e i diritti conquistati in decenni di lotte collettive, per dire che la sessualità delle donne non è finalizzata alla procreazione e che “la maternità non è un obbligo, ma una scelta”. L’appuntamento con #Moltopiùdi194’ è a Milano, al Parco della Guastalla, dalle 15.30 fino alla tarda serata (qui l’evento Facebook).

LA DENUNCIA – “Non Una Di Meno” denuncia la responsabilità di Stato e Regioni nella continua violazione del diritto alla salute riproduttiva. Oggi in Italia il numero di medici obiettori ha raggiunto una media del 70%, con punte del 90% in alcune regioni. Solo 390 strutture con reparti di ostetricia e ginecologia su 654 effettuano interruzioni di gravidanza. Il risultato? L’interruzione volontaria è sempre più un percorso a ostacoli. L’aborto farmacologico è somministrato da pochi ospedali e in modo limitato (leggi l’inchiesta di Fq Millennium). “Oltre il 20% delle donne – spiega il movimento – racconta di aver subito umiliazioni e pratiche violente durante il parto, mentre l’accesso gratuito agli esami diagnostici durante la gravidanza è compromesso dalla carenza di strutture pubbliche, con conseguenze gravi sulla salute e sul benessere delle donne”. A farne le spese sono soprattutto quelle più povere e precarie. Secondo le attiviste di “Non una di meno” è violenza quella che si esercita sulle donne con la complicità dello Stato e della comunità “quando l’obiezione di coscienza nelle strutture sanitarie ci mette in condizioni umilianti e ci impedisce di abortire in sicurezza, quando veniamo private della possibilità di ricorrere alle procedure più adatte ai nostri bisogni (come l’aborto farmacologico), quando il contesto ci spinge a vergognarci di avere abortito e non parlarne con nessuno e quando i nostri compagni ci espongono ad una gravidanza non desiderata perché rifiutano di mettersi un profilattico”.

L’EVENTO – Sabato 26 maggio, al Parco della Guastalla, ci saranno banchetti informativi, laboratori, cartelloni, dibattiti, musica. Alle 17 interverranno anche le giornaliste del Fatto Quotidiano per presentare l’inchiesta su aborto e obiezione in Italia. “Si parlerà di aborto, sessualità, prevenzione, consultori” spiega il movimento, ma anche di “piacere, corpi e desideri, libertà e responsabilità, di cosa vuol dire scegliere la vita”. Sarà anche un giorno di denuncia politica. Il movimento chiede, tra le altre cose, che siano gratuiti la contraccezione e l’accesso all’assistenza sanitaria per l’interruzione volontaria di gravidanza, la gravidanza e il parto indipendentemente dalla cittadinanza e dai documenti. “Siamo con le donne argentine – spiegano le attiviste – che hanno imposto al Parlamento di discutere la legalizzazione dell’aborto, con le irlandesi che a fine maggio voteranno in un referendum per decriminalizzare la procedura per l’aborto, con le polacche che per prime hanno scioperato per bloccare i tentativi del parlamento di proibirlo”.

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