Sui social media è stato abbondantemente stroncato, soprattutto da donne indignate da uno spot così platealmente assurdo, tanto colpevolizza le donne che lavorano e hanno figli invece che far loro un augurio gentile (come doveva essere per la festa della mamma). Ma vale la pena tornare sul tema, perché la pubblicità ci dice molto sulla mentalità collettiva e spesso esprime stereotipi molto saldi nella società italiana.

Anzitutto una breve sintesi del video, certamente concepito da mente maschile (non potrebbe essere diversamente): decine di donne vengono chiamate da un presunto responsabile dell’azienda che comincia a dire loro che non svolgono bene il loro lavoro, che trascurano compiti importanti, che insomma tutto va molto male nel modo in cui si comportano. Le donne reagiscono con stupore, amarezza, alcune sono impaurite, altre arrabbiate. Ma a un certo punto si svela il mistero: entrano nella stanza i figli di quelle madri, le quali che  si lasciano andare al pianto per il sollievo, visto che capiscono che si tratta di uno scherzo. Quei bambini, però, chiedono alle mamme maggiore vicinanza, di essere presi più spesso all’asilo, di stare più spesso insieme, insomma in pratica sbattono platealmente loro in faccia il conflitto lacerante che le donne, specie italiane vivono tra lavoro e maternità. Fine dello spot.

È davvero incredibile che chi ha pensato questo video non abbia pensato al risultato, in termini di malessere emotivo e anche giusta indignazione, che avrebbe provocato tra le madri lavoratrici e tra le donne. In pratica – ed è stupefacente che lo faccia un’azienda – alle donne che lavorano viene detto con parole pesanti (perché nella prima parte si parla di grave trascuratezza, pesanti mancanze, etc.) che lavorando finiscono per mal curare i propri figli, che invece vorrebbero stare tanto con loro e il più possibile. Insomma, invece che cercare di incoraggiare quelle donne, lenire le loro ansie croniche, rassicurarle sul fatto che i loro figli cresceranno benissimo anche con una madre che deve lavorare – per necessità ma anche per “sola” scelta – si fa leva sul loro senso di colpa. Senso di colpa che nasce tra l’altro dal fatto che le madri italiane sono ancora convinte che la mancata conciliazione dipenda da loro, dal fatto che non riescano a fare tutto per incapacità soggettive, o per eccesso di perfezione come talvolta viene loro detto (l’esaltazione senza senso della “mamma imperfetta”). E non invece, banalmente, perché la conciliazione, che già di per sé è difficile, nel nostro Paese è impossibile, a causa dell’assenza di servizi, asili, welfare, insomma misura che rendano compatibili lavoro e famiglia.

E dunque, invece di denunciare l’assenza di questi strumenti di supporto che rendono la vita delle madri italiane così aspra, invece di dare loro un messaggio di speranza – per quanto possibile in un contesto in cui le donne sono costrette a non fare figli, a licenziarsi dopo il parto, a inventarsi soluzioni spesso contro i loro desideri pur di avere un bambino e dargli tutto il possibile – si getta benzina sul fuoco su quel conflitto che si chiama, appunto, (impossibile) conciliazione tra lavoro e figli.

Dando corpo a una serie di stereotipi che le donne stanno faticosamente cercando di combattere e tornando indietro di decenni rispetto alla riflessione su questi temi. Che poi, come hanno scritto in tantissime, mai le brillanti menti che hanno partorito questo spot lo avrebbero diffuso per la festa del papà. Spot che tra l’altro avrebbe avuto un senso, forse, se poi si fossero presentati ed elogiati formidabili strumenti di conciliazione pensati dall’azienda Carpisa per le proprie donne lavoratrici, ma così non è o almeno nel video non c’è niente di tutto questo.

L’unico “merito” di questo video è di aver riaperto nell’opinione pubblica una discussione su una questione tanto cruciale quanto dimenticata, anche e soprattutto dalla politica. Ossia, appunto, come si possa in questo Paese fare figli e lavorare (e una “risposta” la dà l‘ultimo rapporto Istat, che racconta di un ulteriore crollo demografico). Ma lo fa nel peggiore dei modi. Lo aveva espresso invece in modo straordinariamente commovente il video, di alcuni mesi fa, Moms don’t Quit, in cui si vedevano le donne che leggevano ai propri figli una lettera in cui spiegavano come fossero costrette a dimettersi dall’essere madri. Ogni volta che lo rivedo non posso fare a meno di piangere. Perché quel conflitto per noi ancora, oggi, è irrisolto e dunque straziante.

Elisabetta Ambrosi Pink Journalist

In occasione di Race for the Cure, leggi l’appello delle donne di 200 donne con cancro al seno. 

Non riesco a rispondere a tutti i commenti, ma leggo tutto, grazie. 

 

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