Nessuna deroga sul deficit pubblico per finanziare i contenuti di un eventuale contratto di governo Lega-M5s. E nessun cambiamento nella politica sui migranti. Proprio nel momento più complicato della trattativa, Bruxelles incalza Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Chiedendo di restare sul sentiero seguito finora, sia per quanto riguarda i conti pubblici sia sull’assistenza ai profughi. Il primo a parlare è stato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, che intervistato da Politico ha scandito: “L’approccio alla formazione del nuovo governo e l’approccio rispetto alla stabilità finanziaria deve essere quello di rimanere nel corso attuale, riducendo gradualmente il deficit e riducendo gradualmente il debito pubblico“. L’avvertimento peraltro è arrivato mentre Bankitalia richiamava le forze politiche alla realtà aggiornando i dati sul debito: a marzo è aumentato di 15,9 miliardi toccando i 2.302,3, il livello più alto dal luglio 2017.

Il politico lettone ha ricordato che il 23 maggio nelle sue “raccomandazioni” Bruxelles ribadirà come Roma sia tenuta a mantenere i conti sul sentiero concordato “indipendentemente dal governo che ci sarà”. Un approccio che, ha aggiunto Dombrovskis, “è lo stesso di Mattarella che durante il processo di formazione del governo ha enfatizzato la necessità di mantenere gli impegni europei“. “E’ estremamente chiaro che nel momento attuale di crescita economica l’Italia deve indirizzare il debito pubblico in discesa”, ha concluso il vicepresidente. Poco dopo l’altro vicepresidente Jyrki Katainen ha escluso “eccezioni” rispetto alle “regole del Patto di stabilità che si applicano a tutti gli stati membri” e ha detto di avere “tutte le ragioni per credere che l’Italia continuerà a rispettare i suoi impegni. Aspettiamo di lavorare con un governo stabile, qualunque esso sia”. Nel frattempo il commissario europeo alla Migrazione Dimitris Avramopoulos ha auspicato: “Speriamo” che col nuovo governo in Italia “non ci siano cambiamenti sulla linea della politica migratoria”.

Lunedì però il leader del Carroccio, uscito dal faccia a faccia con il capo dello Stato, aveva chiarito che “o si ridiscutono i vincoli esterni oppure (il programma, ndr) è un libro dei sogni“. Posizione ribadita dall’economista della Lega Claudio Borghi, che ha detto che il reddito di cittadinanza proposto dal M5s richiede certezza sulle risorse e l’attuale vincolo al pareggio di bilancio lo rende irrealizzabile. Molti quotidiani ipotizzano che Mattarella stesso lunedì abbia imposto un altolà, appunto, alle tentazioni leghiste di finanziare in gran parte in deficit interventi costosissimi come la revisione delle aliquote Irpef e la “abolizione” o superamento della legge Fornero sulle pensioni.

In base alle stime di Oxford Economics i tre principali punti politici concordati tra M5S e Lega, cioè il reddito di cittadinanza, un taglio radicale dell’imposta sul reddito e il superamento della Fornero, costerebbero circa 100 miliardi di euro all’anno e se attuate causeranno un aumento del deficit al 5,5% del pil nel 2019. Inoltre “l’Italia si troverebbe a fare fronte a tassi d’interesse significativamente più elevati in quanto i mercati avranno dubbi sulla sostenibilità della posizione fiscale del Paese”. Ma il think tank ritiene poco plausibile che le proposte si traducano in misure politiche perché “il presidente Mattarella agirà da guardiano” e la reazione dei mercati finanziari “ucciderebbe le misure più costose ancora prima che la Ue si faccia avanti per biasimare lo sforamento della soglia del 3%”, considerando che il debito italiano è il secondo più elevato della zona euro dopo quello della Grecia.

La Penisola resta osservato speciale nell’Eurozona e la prossima settimana riceverà l’ennesimo rapporto sul debito, che a fine 2017 si è assestato al 131,8% del pil. Proprio nella serata di lunedì il ministero dell’Economia ha inviato alla Commissione la sua relazione sui “fattori rilevanti che influenzano l’evoluzione del debito pubblico in Italia”. Tra le motivazioni per cui secondo il Tesoro la traiettoria è accettabile vengono indicate “la coerenza della dinamica del bilancio pubblico (con avanzo primario medio pari all’1,6% del pil nel periodo 2013-2016 e all’1,9% nel 2017 e riduzione della spesa corrente primaria dal 42,8% del 2013 al 40,7% nel 2017), la conformità al braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita alla luce dei margini di bilancio riconosciuti dalla Commissione per il periodo 2015-2017, l’inflazione estremamente bassa, una misura inadeguata dell’output gap, le riforme strutturali continuate nel 2017 nonché la sostenibilità del debito nel lungo periodo dimostrata dalle analisi della stessa Commissione”.

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