Applausi scroscianti e social francesi che già urlano alla Palma d’oro. Di certo Lazzaro felice di Alice Rohrwacher non poteva non “incantare” nel senso letterale del termine visto che di una favola si tratta. In sala, ad omaggiare l’opera terza della regista italiana anche Roberto Benigni (a sua volta osannato dal pubblico sulla Croisette e dentro la sala) ad accompagnare Nicoletta Braschi che nel film interpretata la Marchesa Alfonsina della Luna, la cattivissima antagonista di Lazzaro. Finito di montare solo mercoledì il film è arrivato a Cannes “di corsa” ma se c’è una caratteristica che esso non ha è proprio la frettolosità, estendendosi per tutto il suo tempo (forse un filo troppo) nel racconto immaginifico di un universo “altro”, ovvero quello che solo un talento creativo “folle” come quello di Alice Rohrwacher sa costruire. Un film di aperture, anche imperfetto, dichiaratamente “bislacco” nella sua libertà estremaLazzaro felice è tante cose, è un sintomo di abbondanza di idee che pone al centro un individuo “candido” il cui sguardo imperturbabilmente buono fa da spartiacque fra i due tempi (anche cronologici) del film.

Accanto alla sorella maggiore Alba e all’esordiente Adriano Tardiolo nel ruolo di Lazzaro, Alice si è commossa quando qualcuno le ha ribadito la somiglianza tra il suo cinema e quello del compianto Ermanno Olmi, notoriamente il suo maestro da Ipotesi Cinema in poi: “In questo momento è doveroso, necessario e commovente ricordarlo, perché non c’è sguardo che mi manca di più del suo, e il desiderio di fargli vedere questo film era così forte ma non ce l’abbiamo fatta. È stato un grande maestro e un grande mastro nel senso dell’artigianalita del lavoro”. Olmi – soprattutto il primo Olmi – di certo è presente nel Dna della cineasta per la costante ambientazione bucolica dei suoi personaggi; e ancora la campagna amata e “sviscerata” nel suo ventre più remoto, i contrasti con il mondo urbano e quelle contaminazioni ardite di pensieri e desideri che fra infanzia e vecchiaia ci riguardano tutti, nessuno escluso: ecco gli ingredienti fatti propri dal Forrest Gump by Rohrwacher, da questo piccolo grande santo che profuma di una religione “primordiale”.

Da un punto di vista “storico” quello messo in scena da Alice è un passato prossimo in cui sopravvivono ancora i mezzadri, quel sistema feudale che solo nel 1982 è stato abolito per legge. I contadini della comune L’inviolata vivono inconsapevolmente da schiavi moderni, non pagati e sfruttati dai “marchesi” della villa. E a tal proposito la regista utilizza le parole di Elsa  Morante, “siamo passati dal primo al secondo medioevo, da uno sociale a uno più umano e dunque più grave” per poi commentare, “tutto cambia e tutto rimane come è, e Lazzaro é un personaggio da melodramma classico in cui improvvisamente qualcosa si rompe, un po’ come nel nostro Paese. Per me un Lazzaro inserito nella società cinema contemporanea è una chance offerta agli uomini per essere più buoni”. Ma il fatto che Lazzaro felice esprima in sintesi la profonda tragedia dell’uomo moderno con un finale in tal senso coerente è un segnale importante.  Il film uscirà in Italia per 01 Distribution il 31 maggio. 

Articolo Precedente

Cannes 2018, i nude look delle star alla conquista della Croisette

next
Articolo Successivo

Papa Francesco – Un uomo di parola, il doc di Wim Wenders: “Capace di conquistare persone in tutto il mondo”

next