Un’agenzia di intelligence privata israeliana è stata incaricata di scavare nella vita di due consiglieri dell’ex presidente americano Barack Obama dell’epoca dell’accordo nucleare con l’Iran – per screditarli, creare un clima di sospetto su quell’intesa e rendere più facile l’uscita degli Stati Uniti dal trattato, come annunciato da Donald Trump. Di nuovo nella bufera c’è Black Cube, la stessa azienda assunta dal produttore cinematografico Harvey Weinstein per diffamare le attrici che intendevano testimoniare contro di lui.

I giornali israeliani riprendono con ampiezza la nuova spy story che coinvolge ex agenti del Mossad, la Casa Bianca, ex funzionari dell’amministrazione Obama. La Black Cube – che ha sedi a Tel Aviv, Londra e Parigi e offre ai suoi clienti i servizi di “agenti altamente esperti e addestrati nelle unità militari di élite israeliane” – è stata ingaggiata – secondo il New Yorker e l’Observer da collaboratori del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per gestire l’operazione che si è svolta tra Londra e Washington. Nel pomeriggio la smentita. Black Cube non ha lavorato per il presidente Trump. Ufficialmente l’incarico è venuto da un “privato” con interessi legati alle sanzioni sull’Iran che – guarda davvero il caso – combaciano con quelli della Casa Bianca.

Le rivelazioni indicano che la moglie di Ben Rhodes – ex consigliere senior di Obama e membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale – ha ricevuto mail sospette l’anno scorso da una società cinematografica con sede a Londra – la Shell Productions – che si è rivelata poi una falsa compagnia creata dalla Black Cube. Una tattica simile era stata usata per contattare la moglie di Colin Kahl, un altro ex funzionario della Sicurezza Nazionale, attraverso una finta società finanziaria – la Reuben Capital Partners – anch’essa basata nella capitale inglese. Il nome Reuben Capital Partners è stato menzionato per la prima volta l’anno scorso in una inchiesta del New Yorker, in cui si descrivono i tentativi di Weinstein di spiare le donne che lo accusavano di violenza sessuale. L’inchiesta, che ha vinto un premio Pulitzer, ha descritto Reuben Capital Partners come una falsa compagnia usata da Black Cube, ingaggiata da Weinstein per infangare le sue vittime e screditare così le loro testimonianze contro di lui.

Simili, secondo il racconto, anche le modalità con le quali sono state avvicinate le donne che volevano denunciare Weinstein e le famiglie Rhodes e Kahl. Gli uomini della Black Cube avrebbero anche compilato dettagliati profili di diverse persone, tra cui i Rhodes e i Kahl, con i loro indirizzi, informazioni sui componenti la famiglia in cerca di debolezze (persino quali erano le marche delle loro automobili). Lo scopo era “quello di sporcarsi le mani”, scavare nel letame, trovare qualcosa in grado di screditarli. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, è stata anche compilata una lista di “trenta giornalisti che si riteneva fossero in contatto con funzionari dell’amministrazione Obama, con le istruzioni su dove cercare informazioni negative anche sui reporter”. Uno schema di operazione molto ampio che nel suo sviluppo prevede risorse economiche importanti e l’uso di decine di uomini e donne sul campo per la raccolta delle informazioni.

L’incarico a Black Cube sarebbe venuto pochi giorni dopo la visita del presidente Trump in Israele lo scorso anno. Durante quel viaggio il presidente Usa promise al premier Benjamin Netanyahu che l’Iran non avrebbe mai avuto le armi nucleari”. Il patto siglato nel 2015 sul nucleare iraniano dalle cinque potenze mondiali – Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia -, la Germania e l’Unione Europea da una parte e l’Iran dall’altra, è stato sempre descritto da Trump “come il peggiore mai visto”. L’idea dell’operazione – scrive Haaretz – era che le persone che agivano per Trump screditassero coloro che erano stati fondamentali nel negoziato dell’accordo, rendendo così il clima favorevole all’uscita degli Stati Uniti”. Fra queste anche le affermazioni chiaramente infondate che Rhodes e Kahl avevano lavorato alla stesura con un gruppo di lobbisti filo-iraniani in cambio di denaro.

Black Cube, la società fondata nel 2010 da un agente della sicurezza interna governativa nota per avere stretti legami con gli attuali ed ex leader della politica e dell’intelligence israeliana, nega di aver lavorato per Trump. “La politica di Black Cube è quella di non discutere mai dei propri clienti con terze parti e di non confermare o negare alcuna speculazione fatta”, dice il comunicato ufficiale dell’azienda, “ e non ha alcuna relazione con l’amministrazione Trump né con alcuno vicina ad essa”. Solo nel pomeriggio, sotto assedio di stampa e tv israeliane, Black Cube ha ammesso che ufficialmente l’operazione era stata messa in piedi per un cliente del settore privato che aveva interessi commerciali legati alle sanzioni sull’Iran. Una versione che convince davvero poco.

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