“Non avremmo mai dovuto firmare l’accordo con l’Iran“, è “disastroso e imbarazzante” perché “serve solo alla sopravvivenza di un regime” che “finanzia il terrore“. Mentre “non riesce a fermare le ambizioni nucleari permette ancora di arricchire uranio“. Così Donald Trump, poco dopo le 20 ora italiana di martedì 8 maggio, ha ufficializzato il ritiro degli Stati Uniti dalla storica intesa con Teheran siglata il 14 luglio 2015 dall’amministrazione di Barack Obama e dai ministri degli Esteri di Pechino, Parigi, Berlino, Mosca e Londra oltre che dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. Dicendo di avere le provedefinitive” che Teheran ha violato l’intesa, come sostenuto da Israele. “Fra qualche momento siglerò un memorandum presidenziale per dare il via alle sanzioni al regime iraniano”, ha aggiunto il presidente Usa, minacciando ritorsioni economiche anche nei confronti di “tutti i Paesi che aiuteranno l’Iran sul nucleare”.

Il Tesoro statunitense ha chiarito che le sanzioni verranno reintrodotte in 90 o 180 giorni a seconda dei settori. Tra sei mesi, dunque, il Paese sarà definitivamente fuori dall’accordo. La mossa del tycoon, criticata dagli alleati europei, ha subito scatenato forti tensioni in Medio Oriente, con Israele che ha bombardato basi iraniane in Siria e Teheran che minaccia di riavviare l’arricchimento dell’uranio. A rischio anche il mercato globale del petrolio, che Teheran dopo la fine dell’embargo ha ricominciato a esportare contribuendo al calo dei prezzi.

Teheran: “Atto di guerra psicologica”. E minaccia di riprendere arricchimento uranio – Il presidente iraniano Hassan Rohani in diretta tv ha definito la decisione un atto di “guerra psicologica” contro l’Iran. Poi ha annunciato Teheran “non abbandonerà l’accordo sul nucleare”, un’intesa che gli Usa “non hanno mai rispettato”: “Un paese irritante ha lasciato l’accordo e l’Iran continuerà con l’Ue, la Russia e la Cina“. Tuttavia, ha avvertito, “c’è poco tempo per iniziare i negoziati per mantenere in piedi l’accordo” con gli altri e se fallissero, “ho dato disposizione all’Agenzia per l’energia atomica iraniana di essere pronta a riprendere l’arricchimento dell’uranio come mai prima, già nelle prossime settimane”.

Israele apre rifugi e richiama i riservisti: “Se attaccano reagiremo con potenza” – Altissima la tensione con Israele: il premier Benjamin Netanyahu ha espresso come da copione apprezzamento per la decisione di Trump, definita “coraggiosa e corretta” perché “se fosse rimasto in vigore, entro alcuni anni Iran avrebbe avuto bombe atomiche”. In serata l’esercito israeliano “a causa di irregolari attività delle forze iraniane in Siria” ha dato istruzione alle autorità pubbliche delle Alture del Golan (nel nord del paese) di aprire i rifugi e di tenerli pronti per la popolazione. Iniziato anche il richiamo di riservisti, in un numero finora limitato. Secondo i media israeliani si teme che forze legate all’Iran lancino un attacco missilistico contro obiettivi all’interno del Golan. “L’Iran”, ha detto Netanyahu, “vuole servirsi della Siria come base avanzata contro Israele. Siamo determinati a impedire che stabiliscano lì le loro basi. Reagiremo con potenza, il nostro esercito è pronto”. Poi ha ammonito Teheran: “Se provasse ad attaccarci, avvertirebbe la potenza della nostra forza”. In serata, riferiscono media siriani, sono state avvertite esplosioni nella zona sud di Damasco. Secondo Haaretz jet israeliani sarebbero entrati nello spazio aereo siriano. La Tv siriana ha riferito che la difesa anti-aerea ha distrutto due missili.
Anche l’Arabia Saudita, rivale regionale dell’Iran e grande alleato degli Stati Uniti, “sostiene e accoglie i passi annunciati dal presidente americano in vista di un ritiro dall’accordo sul nucleare”, fa sapere Riyad.

La Ue: “Preoccupati, vogliamo preservare il piano” – Obama ha detto che la decisione di Trump è “sbagliata” perché “l’accordo con l’Iran è nell’interesse dell’America e sta funzionando” e così facendo il tycoon “ha voltato le spalle all’Europa”. E infatti i leader di Germania, Francia e Gran Bretagna Angela Merkel, Emmanuel Macron e Theresa May hanno subito espresso “rammarico e preoccupazione” ribadendo che al contrario Berlino, Parigi e Londra intendono restare fedeli a quell’intesa, si legge in una dichiarazione congiunta a tre diffusa da Downing Street. “Esortiamo gli Stati Uniti – continuano i tre dirigenti europei – a fare in modo che le strutture dell’accordo siano mantenute intatte e ad evitare ogni provvedimento che impedirebbe la sua piena applicazione da parte degli altri”. E “incoraggiano l’Iran a dar prova di moderazione nella sua risposta alla decisione americana”. “L’accordo nucleare appartiene all’intera comunità internazionale e l’Ue è determinata a preservarlo, al popolo iraniano dico: fate in modo che nessuno lo smantelli, è uno dei più grandi obiettivi mai raggiunti dalla comunità internazionale”, ha chiesto dal canto suo l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini. Martedì pomeriggio a Bruxelles, in attesa dell’annuncio, c’erano state consultazioni tra sherpa dei ministeri degli Esteri dei tre Paesi europei firmatari, la segretaria generale del Servizio europeo per l’azione esterna Helga Schmid e una delegazione iraniana.

Le sanzioni reintrodotte in 90 o 180 giorni a seconda dei settori – Il Tesoro americano inizierà a reintrodurre le sanzioni all’Iran in 90 e 180 giorni, concedendo di fatto alle aziende dai tre ai sei mesi per chiudere le loro attività in Iran. Dopo 90 giorni saranno reintrodotte quelle sull’acquisto di dollari americani dall’Iran e quelle sui metalli e il settore dell’auto. Dopo 90 giorni sarà revocata l’autorizzazione per l’export all’Iran di aerei, componenti e servizi. Le sanzioni legate al petrolio saranno reintrodotte dopo 180 giorni.
Le sanzioni ad oggi si dividono in due tipi. Quelle primarie riguardano i soggetti di nazionalità statunitense e resteranno comunque in vigore: vietano sostanzialmente qualsiasi tipo di rapporto economico con individui ed entità della Repubblica islamica. Quelle secondarie, invece, riguardano le ‘Non-U.S. Persons‘ e in parte sono state sollevate con l’implementazione del Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action), l’accordo sul nucleare iraniano, a gennaio 2016. Firmando il Jcpoa, gli Stati Uniti si sono impegnati a rinunciare a sanzioni secondarie imposte molto prima che Trump diventasse presidente e che intendevano punire la Repubblica islamica per il suo programma nucleare. Periodicamente l’amministrazione in carica deve rinnovare i ‘waiver‘, ovvero le esenzioni, che scadono ogni 120-180 giorni a seconda della tipologia di sanzioni, per garantire l’implementazione dell’accordo. L’11 luglio scadrà un altro pacchetto di sanzioni secondarie.

L’impatto sul prezzo del petrolio – La prossima scadenza è questo sabato e interessa direttamente le esportazioni petrolifere iraniane. Non a caso lunedì, in attesa della decisione del tycoon, le quotazioni del petrolio erano salite ai massimi dal 2014: il greggio Wti ha superato i 70 dollari, il brent è volato oltre i 75. Il ‘waiver’ che scadrà il 12 maggio, infatti, riguarda le transazioni finanziarie con la Banca centrale iraniana. In Iran il petrolio è un bene nazionalizzato e se si vuole acquistarlo dall’estero è necessario passare attraverso transazioni finanziarie gestite dalla Banca centrale. Il mancato rinnovo delle esenzioni provocherà dunque una riduzione degli acquisti di petrolio dalla Repubblica islamica. Il presidente iraniano Hassan Rohani partecipando a una conferenza sul petrolio in corso a Teheran aveva ammesso che il Paese avrà “qualche problema” in caso di uscita degli Usa dall’accordo ma ha minimizzato dicendo che le difficoltà dureranno “due o tre mesi”, poi “ne usciremo”. Rohani ha anche sottolineato che Teheran vuole continuare a “lavorare insieme al mondo in modo costruttivo”.

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