Le vie del Quirinale (non) sono infinite. Concluso il terzo giro di consultazioni e constatato lo stallo politico in cui versa il Parlamento, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha indicato le prossime mosse per la nascita – o la morte prematura – di un nuovo governo. E lo ha fatto dettando tempi e modi precisi che non lasciano spazio a interpretazioni.

La nascita di un esecutivo “neutro”
Il primo passo è la nomina del presidente del Consiglio (o di una presidente, come vogliono le ultime indiscrezioni) a capo di un governo “neutrale” e “di servizio”. La nomina, attesa per mercoledì, potrebbe arrivare in realtà giovedì. Di sicuro non sarà il capo del governo dimissionario Paolo Gentiloni che, secondo Mattarella, “ha esaurito la sua funzione e non può ulteriormente essere prorogato in quanto espresso, nel Parlamento precedente, da una maggioranza parlamentare che non c’è più”. Nei giorni seguenti, tra venerdì e sabato, è prevedibile il giuramento ufficiale del nuovo presidente e della sua squadra di governo, composta in condivisione con il capo dello Stato.

Il voto di fiducia in Parlamento
L’articolo 94 della Costituzione prevede poi che il Governo si presenti alle Camere per il voto di fiducia entro 10 giorni dalla sua formazione. L’ipotesi più probabile, data l’emergenza della situazione, è che ciò avvenga lunedì 14 maggio o martedì 15. E qui il terreno delle previsioni si fa più incerto. Il Movimento 5 stelle, la Lega e i Fratelli d’Italia hanno già annunciato l’indisponibilità ad accordare la fiducia a un esecutivo tecnico: i tre gruppi insieme formano di gran lunga la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Della stessa linea è il partito guidato da Silvio Berlusconi, che attraverso Mariastella Gelmini ha respinto al mittente (il leghista Giorgetti) la richiesta di fare un passo di lato per consentire la formazione di un governo politico con il M5s. Ad oggi, quindi, gli unici ad aver accolto l’appello alla responsabilità del presidente della Repubblica sono i deputati e i senatori del Partito democratico. Se entro la settimana prossima dovessero esserci dei colpi di scena e il governo riuscisse a ottenere la fiducia, è lo stesso Mattarella ad aver tracciato la rotta: esecutivo in campo fino a dicembre, approvazione della legge di stabilità, e poi elezioni (salvo la nascita, nel frattempo, di una maggioranza parlamentare solida). In caso contrario – di fronte a un governo nato morto – non resterebbe altro che il ritorno al voto.

Lo scioglimento delle Camere
Quando? Anche su questo punto Mattarella è stato chiaro. “Non vi sono i tempi per un voto entro giugno. Sarebbe possibile svolgerle in piena estate, ma, sinora, si è sempre evitato di farlo perché questo renderebbe difficile l’esercizio del voto agli elettori. Si potrebbe, quindi, fissarle per l’inizio di autunno“, con il rischio di non riuscire a “elaborare e approvare la manovra finanziaria e il bilancio dello Stato per il prossimo anno”, ha dichiarato il presidente. Le opzioni sul tavolo quindi sono due: fine luglio – sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica – o autunno. Più probabile la prima: se il Parlamento non voterà la fiducia al nuovo governo, il capo dello Stato potrebbe sciogliere le Camere già nella seconda quindicina di maggio.

La data del voto
Una volta sciolto il Parlamento, viene subito messa in moto la macchina del Viminale per indire le nuove elezioni. La scelta della data spetta al consiglio dei ministri dimissionario (non quello di Gentiloni, ma quello “di servizio”) e la data più probabile è il 22 luglio. Perché così tardi? Per legge la votazione deve essere indetta non prima di 45 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto di scioglimento delle Camere. A questi si aggiungono gli ulteriori 15 giorni previsti dal regolamento della legge per il voto degli italiani all’estero, che si esercita per corrispondenza e necessita di tempo per essere organizzato. Calendario alla mano – e tenuto conto anche delle tempistiche richieste dal ministero dell’Interno per le scorse tornate elettorali – la prima data utile è quella della penultima domenica di luglio. Con gli italiani costretti ad andare al seggio nonostante la calura estiva o in vacanza (breve o lunga): non il massimo dell’incentivo per abbattere l’astensionismo. Per non parlare della prima seduta del nuovo Parlamento: cadrebbe su lunedì 6 agosto.

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