Ventisei attivisti No-Grandi Navi avrebbero dovuto pagare oltre 50mila euro, complessivamente, per essersi tuffati nel Bacino di San Marco a Venezia nel corso di una manifestazione che nel 2013 aveva temporaneamente bloccato i bestioni del mare che transitano proprio di fronte a Palazzo Ducale. Cinque anni dopo il Tribunale ha cancellato le multe della Capitaneria di Porto, accogliendo il ricorso dei nuotatori che avevano messo in scena una protesta variopinta. Ognuno di loro si era visto contestare la violazione del divieto di balneazione, con conseguente ordinanza-ingiunzione di pagamento di 2.071 euro ciascuno.

Qualcuno si era gettato in acqua con i vestiti, ma i più organizzati avevano le mute da sub visto che il 21 settembre l’acqua era già fredda. Per farsi notare dalle navi avevano con sé materassini e animali gonfiabili, in testa cuffie colorate. Gli uomini della Digos avevano filmato la manifestazione e avevano fotografato i giovani, in totale una cinquantina. Ma l’identificazione aveva riguardato soltanto 26 persone. Sulle rive erano assiepati migliaia di esponenti del movimento No-Grandi Navi – Laguna Bene Comune.

Le multe della Capitaneria erano arrivate qualche tempo dopo. Gli attivisti si erano rivolti agli avvocati Maria Salzer e Angelo Pozzan impugnando le ingiunzioni di pagamento. Il giudice di pace le aveva confermate. Adesso la decisione è stata annullata da Tania Vettore, giudice della prima sezione civile del Tribunale lagunare.

Da una parte i 26 attivisti: Teo Bernardi, Francesco Saggiorato, Sasha Stefani, Rocco Cacciari, Chiara Buratti, Michele Valentini, Silvio Testa, Jacopo Povelato, Alberto Marsili, Elisa Favaretto, Chiara Cantarella, Silvia Compagnin, Marta Canino, Simone Sommariva, Alessandro Simion, Pasquale Ambrogio, Mario Pozzan, Silvia Lai, Marco Baravalle, Carlotta Bisello, Tommaso Cacciari, Giovanni Maria Campagnaro, Giulia Parisi, Alessandro Dus, Francesca Belia e Zoe Argenton. Dall’altra parte il ministero della Infrastrutture e Trasporti e la Capitaneria di Porto di Venezia, assistiti dall’avvocato dello Stato Beatrice Favero.

I difensori hanno ricostruito i fatti, spiegando le caratteristiche e le ragioni di una protesta pacifica, che aveva coinvolto migliaia di persone a difesa dell’integrità ambientale di Venezia. E hanno anche contestato la mancanza di documentazione relativa all’attività di identificazione eseguita dai poliziotti, sostenendo quindi l’inapplicabilità delle ingiunzioni. Il giudice ha accolto integralmente l’appello, ha annullato tutte le ordinanze e ha condannato la Capitaneria di Porto a risarcire alle difese circa 7.500 euro, tra compensi professionali, anticipazioni e rimborso forfettario. Entro due mesi il deposito delle motivazioni.

“Non avevamo causato danni né alle cose, né alle persone. Avevamo semplicemente  – commenta Luciano Mazzolin, protavoce del Movimento – nuotato nel Canale della Giudecca ed eravamo stati ripresi dalle televisioni di mezzo mondo. Le multe erano una inammissibile intimidazione e un maldestro tentativo per bloccare le nostre lotte per la salvaguardia della città e dei suoi abitanti e contro il devastante transito delle grandi navi nella nostra Laguna”.

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