“La mia assistita corre un pericolo imminente di morte”. L’avvocato Giuseppe De Pace rilancia l’appello per Rosaria Scarpulla, la madre che il 9 aprile scorso ha visto saltare in aria con un’autobomba suo figlio Matteo Vinci. Un attentato in cui è rimasto gravemente ferito anche il marito della donna, Francesco Vinci, che da un mese è ancora ricoverato al centro grandi ustioni di Palermo. Scarpulla era seduta al fianco del suo avvocato che, dalla sala conferenze della Confcommercio di Vibo Valentia, ha puntato il dito contro le istituzioni, accusandole di averla abbandonata.

“Non hanno compreso la gravità di quanto accaduto a Limbadi”. De Pace, ancora una volta, ha ricostruito le intimidazioni, le aggressioni e le angherie subite dalla famiglia Vinci: “Nel 2014 c’è stata la prima spedizione punitiva, poi l’incendio di un capannone, la muratura delle finestre dell’abitazione di campagna. Il 30 ottobre 2017 Vinci subisce un’aggressione di puro stampo mafioso che gli procura la perdita di tutti i denti e una lesione cerebrale. Gli autori dell’escalation sempre denunciati con nomi e cognomi. Fino alla bomba del 9 aprile“.

Nei giorni scorsi, il legale ha chiesto la scorta per la signora Scarpulla e il prefetto di Vibo Guido Longo ha dato rassicurazioni: nei suoi confronti “sono state subito disposte delle misure tutorie ritenute congrue dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica”. La prefettura, in sostanza, “in relazione alle proprie competenze, sta seguendo con particolare attenzione gli sviluppi della vicenda”.

“Non riesco a capire cosa siano le misure tutorie – rincara la dose l’avvocato – la signora non ha nessuna tutela. Alla luce dei fatti la signora Rosaria necessita di una scorta seria e non di misure tutorie, entità evanescenti. Ci sono elementi oggettivi che devono far scattare la scorta. La signora Scarpulla è l’unico testimone capace di indicare col suo indice i responsabili dell’attentato, sta collaborando attivamente con le forze dell’ordine e ancora non si sono degnati di assegnarle una scorta. Altri testimoni di giustizia l’hanno avuta. In una terra di omertà, una coraggiosa madre disposta a collaborare con la giustizia deve essere tutelata”.

“La signora è figlia di un dio minore?  – si domanda il legale – se il ministro dell’Interno non provvederà a dare una scorta seria, allora invito le associazioni antimafia a coordinarsi per predisporre una scorta civile a protezione della signora Scarpulla”.

Al termine della conferenza stampa è intervenuta la stessa donna: “Io non combatto contro un cognome, non combatto contro i Mancuso – sono le sue parole – ma contro persone che hanno fatto del male a me e alla mia famiglia. Sono persone che mio marito ha visto in faccia il 30 ottobre scorso e che abbiamo denunciato. Le stesse persone che hanno partecipato alle due precedenti spedizioni punitive”. L’ultima stoccata, l’avvocato della famiglia Vinci la dedica alla politica e ai partiti: “Questa situazione non può essere silenziata e tenuta nell’oblio. Nessuna organizzazione politica si è fatta viva. Questo non ci meraviglia e, anzi, siamo felici perché ci hanno evitato di stringere le loro mani. Anche quelle grondano il sangue di Matteo. Se non avessero l’appoggio politico, i Mancuso non sarebbero nulla”.

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