Il 31 maggio 2015 Vincenzo De Luca viene eletto governatore della Campania e il 16 giugno successivo l’ex consigliere regionale democristiano e Pd Franco Casillo, un ex demitiano di lunghissimo corso, padre del consigliere regionale Pd uscente e rieletto Mario Casillo, incrocia il commissario dell’Asl Napoli 3 Salvatore Panaro nell’antisala del suo ufficio nella sede dell’azienda sanitaria. I convenevoli sono brevi e freddi, poi Franco Casillo la tocca piano: “Panaro, ti consiglio di stare fermo, di non procedere all’assunzione di quel dirigente, perché abbiamo vinto le elezioni, sono cose che ce la vediamo noi, pertanto potresti avere dei problemi se tu procedi”. C’era da coprire la casella vacante del dirigente finanziario: sono trascorse appena due settimane dal voto e gli uomini di De Luca vogliono far già sapere chi comanda. C’è chi lo chiama spoils system. Chi invece lottizzazione politica della sanità. Panaro ci ha intravisto un reato. Si è affidato all’avvocato Fabio Carbonelli ed ha denunciato. Anche perché pressioni simili, sul tono “tanto di qui a poco ti mandiamo via”, gli arrivano poco tempo dopo anche dal consigliere per la Sanità di De Luca, il primario di cardiologia salernitano Enrico Coscioni. E nel novembre successivo, al rifiuto di dimettersi per lasciare spazio “al nuovo corso”, Panaro viene prima sospeso e poi revocato dall’incarico.

27 aprile 2018. Nell’aula 218 del tribunale di Napoli Panaro racconta questa vicenda rispondendo alle domande del pm Immacolata Sica. L’ex commissario dell’Asl più problematica del Napoletano – un milione e 200mila utenti – si è costituito parte civile del processo che vede Coscioni imputato di tentata concussione ai suoi anni. Panaro rivela fatti e circostanze rimaste finora inedite, ricostruendo con minuzia la tempistica degli incontri e delle ingerenze della politica nella gestione della sanità campana. Franco Casillo è stato indagato in concorso con Coscioni, ma la sua posizione è stata stralciata. Il 29 settembre 2016 gli uomini del nucleo tributario della Finanza di Napoli, agli ordini del colonnello Giovanni Salerno, hanno perquisito la sua stanza e il suo computer nella sezione del Pd di Boscoreale, notificando un decreto con accuse di tentata concussione, voto di scambio e traffico di influenze. In queste settimane il pm Giancarlo Novelli e il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino decideranno se chiudere le indagini con un avviso di garanzia o una richiesta di archiviazione.

I Casillo, in questa storia, sono due. Uno è Franco, l’ex plenipotenziario di De Mita nell’area vesuviana, già manager della sanità locale. L’altro è Mario, non indagato, il figlio, ingegnere, erede della passione politica e dei consensi. Tanti, tantissimi, come il padre. Nel 2005 Franco sfiora le 30mila preferenze. Nel 2015 Mario, consigliere uscente, le supera. Una dynasty.

Siamo in provincia di Napoli, terra di uomini di mondo. Si sa come vanno le cose nella sanità. Si sa che primari e dirigenti fanno incetta di voti. Si sa che fuori ai loro uffici c’è la fila di gente che chiede qualcosa. Si sa che questa gente lascia un nome e un numero di telefono. Saranno ricontattate due volte: quando la richiesta sarà esaudita e poi sotto elezioni.

Panaro sa chi è Franco Casillo, lo dice al pm: “Lo conoscevo di nome e anche di vista, perché è un noto politico della zona torrese e, tra l’altro, ha ricoperto la carica di funzionario, dirigente al personale, nell’azienda sanitaria di che trattasi, però in pensione. Quindi lui, o perché proveniva da questa azienda o perché era del territorio, un po’ perché era un politico del territorio, non lo so perché, mi venne a imporre questo, diciamo, comportamento di non…”. In una pausa del processo, al cronista del ilfattoquotidiano.it aggiunge: “Il suo mi sembrò il comportamento di un proprietario terriero, uno che torna in un suo vecchio possedimento”. Per cinque anni, quel “possedimento” era rimasto in mano altrui. Prima amministrato da un manager nominato dal centrodestra di Stefano Caldoro, Maurizio D’Amora. Poi da Panaro, che si è trovato lì quasi per sbaglio: dopo le dimissioni di D’Amora, diventa manager “facente funzioni” perché tra il direttore amministrativo e quello finanziario nominati dal manager era il più anziano. Quindi, come prassi, viene trasformato in commissario in attesa delle nomine dei nuovi manager.

Panaro racconta anche un’altra ingerenza e stavolta ne è protagonista Mario. “Viene nominato, per sei mesi più sei mesi, un dirigente dell’area del personale secondo l’articolo 18, poiché la dirigente che stava prima era stata rimossa dal precedente commissario. La dirigente rimossa fa vertenza al giudice del lavoro, vince la causa e quindi io devo rimettere di nuovo in servizio, nel servizio gestione del personale, la dottoressa Anna Alfieri, pertanto quel dirigente che era stato nominato provvisoriamente, sei mesi più sei mesi, il dottor Giuseppe Esposito, doveva lasciare l’incarico”.

Però Esposito è anche un esponente locale del Pd. La parlamentare Assunta Tartaglione, segretario regionale del partito, lamenta sui giornali una “epurazione politica in campagna elettorale”. Siamo nella primavera 2015, manca poco al voto ed Esposito sarebbe vittima di una ritorsione, secondo i vertici del Pd, perché di parte avversa al centrodestra di Caldoro. “Ma io non faccio altro che ottemperare a una sentenza del giudice…” spiega Panaro, che ricorda di essere stato cercato in quel periodo da Mario Casillo: “Mi contatta, vuole sapere perché è stato rimosso o sta per essere rimosso questo Giuseppe Esposito e io gli spiego, lo invito addirittura nel mio ufficio, gli espongo le motivazioni”. In questo caso, però, Panaro non avverte pressioni indebite o illegittime: “Non me lo disse in maniera impositiva, prendemmo anche un caffè… Devo dire la verità, la conversazione fu cordiale, fu cordiale, questo sì, però ci fu a mezzo stampa qualche altro che invece suonava un po’ la fanfara”. La fanfara del Pd e dei grandi elettori di De Luca nella sanità campana.

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