La credibilità è la capacità che una persona ha di ispirare fiducia, di ottenere credito e riconoscimento. Chris Froome, almeno per il momento, l’ha persa. E con lui rischia di perderla anche tutto il Giro d’Italia al via da Gerusalemme. Il britannico del Team Sky è il grande nome di questa 101esima edizione della corsa rosa, l’imbattibile che dopo aver conquistato tre Tour de France in fila e anche l’ultima Vuelta di Spagna si ripresenta finalmente sulle strade italiane. Ma è anche il ciclista trovato non negativo al salbutamolo: un sospetto di doping che dopo più di sette mesi aspetta ancora la sentenza di un tribunale.

Nel frattempo Froome ha deciso di correre e nessuno può impedirglielo. Ma cosa succederà dopo i primi scatti, la prima Maglia rosa, le eventuali vittorie? Chi sarà disposto a mettere per lui la mano sul fuoco? “Partire con questi dubbi non fa bene a nessuno ed è frustrante per tutto il ciclismo. Io al posto suo non avrei corso”. Parolea di Tom Dumoulin, ultimo vincitore della Maglia rosa che sulla strada sarà il principale avversario del britannico. Lui non avrebbe potuto correre comunque, perché la sua squadra, il Team Sunweb, aderisce al Movimento per un ciclismo credibile e “ha regole che prevedono la sospensione in casi come questi”, ha spiegato alla Gazzetta dello Sport. Il Team Sky no, e ha preparato un lungo dossier per spiegare l’eccessiva presenza di salbutamolo – il principio attivo dei farmaci per l’asma che è consentito entro una certa soglia per chi ne soffre – nel sangue di Froome durante le ultime tappe della Vuelta 2017.

La sentenza arriverà forse a fine giugno, prima del Tour, magari più in là. Il britannico potrebbe essere assolto, ma anche in caso di squalifica è già pronto l’escamotage. Lo ha spiegato Mauro Vegni, direttore del Giro, durante la presentazione delle due tappe in Valsusa: la squalifica sarà scontata a partire da quando verrà comminata, senza retroattività e quindi lasciando integro, si fa per dire, l’ordine d’arrivo della corsa rosa. Froome perderebbe a tavolino solo l’ultima Vuelta che passerebbe così a Vincenzo Nibali. Il tutto per evitare un nuovo caso Contador: allo spagnolo fu tolto per una squalifica retroattiva il Giro 2011, anche quella volta assegnato a tavolino al secondo classificato. Era Michele Scarponi.

Formalmente nulla di scorretto, anche perché, come ha detto lo stesso Vegni a La Stampa, “non ci sono gli estremi normativi per chiudere la porta in faccia a un corridore che fino a prova contraria non è risultato positivo”. Ma la credibilità del ciclismo, quella sì, subisce un altro colpo, in uno sport che ormai da vent’anni viene identificato più di tutti, a volte anche erroneamente, con il doping. I sospetti e le polemiche non spariranno con le parole di Dumoulin o con il passare delle tappe, da Israele alla Sicilia e poi su verso le Alpi.

Dal punto di vista agonistico invece la presenza di Froome è il meglio che si possa avere. Il dominatore dell’ultima era delle corse a tappe tenterà di conquistare l’unico grande giro che gli manca e poi di completare la doppietta con il Tour, impresa riuscita l’ultima volta nel 1998 a Marco Pantani. A sfidarlo c’è soprattutto Dumoulin, lo scorso anno vincitore davanti a Nairo Quintana e Nibali (i due grandi assenti). L’olandese e il britannico, entrambi forti a cronometro, troveranno un percorso adatto alle loro caratteristiche, con 45 chilometri di prova contro il tempo – a partire già dalla prima tappa a Gerusalemme – e solo tre veri tapponi di alta montagna.

Sono quelli in cui proverà a fare la differenza Fabio Aru, l’unica speranza italiana per la Maglia rosa. Il sardo campione d’Italia ha già messo in difficoltà Froome nella scorsa edizione del Tour, prima di crollare proprio a cronometro. Gli serviranno gambe forti in salita per provare a scalfire un duopolio che sembra già scritto. Più o meno la condizione in cui si trovano anche gli altri big. Dal francese Thibaut Pinot, quarto lo scorso anno, al colombiano Chaves che ha al fianco una squadra poderosa, fino al connazionale Miguel Angel Lopez, scoperta di questa stagione con i suoi 24 anni. Dopo tanto tempo, l’Italia tornerà protagonista anche nelle volate: c’è l’oro olimpico Elia Viviani, per il quale la Quick-Step Floors ha allestito un treno da grandi occasioni.

Le chance per i velocisti sono già in Israele, nelle due tappe che seguono alla cronometro nella prima storica partenza del Giro d’Italia da fuori Europa. Poi, con il trasferimento in Sicilia, la corsa comincia sul serio e a prenderne il controllo sarà proprio il Team Sky di Froome, perché così ha fatto nei quattro Tour vinti. Ma il Giro è diverso, presenta anche quest’anno varie trappole qua e là lungo la risalita verso nord. C’è la scalata all’Etna, poi quelle a Montevergine di Mercogliano e soprattutto a Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Tappe nervose, per planimetria e per possibili sviluppi, prima del grande giorno: l’arrivo allo Zoncolan di sabato 19 maggio.

Da lì in poi Il Giro non lascerà più le montagne fino alla passerella conclusiva di Roma. Ci sarà la cronometro da Trento a Rovereto, gli arrivi a Prato Nevoso, Bardonecchia e Cervinia. Come in ogni Giro che si rispetti, l’ultima settimana deciderà se vinceranno le frullate sgraziate di Froome, la compostezza di Dumoulin, gli scatti di Aru o quelli degli altri outsider. Anche senza Nibali, che ha preferito fare il Tour e la Vuelta per prepararsi ai mondiali di Innsbruck, vero grande obiettivo della sua stagione, la lotta per la Maglia rosa è una delle più intriganti degli ultimi anni. Ma l’ordine d’arrivo non sarà credibile, almeno fino a quando non verrà pronunciata una sentenza che doveva arrivare prima della partenza da Gerusalemme. Troppe volte è già successo in passato. Peccato sia capitato ancora.

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