Quasi tutte le città italiane ed europee hanno dimensioni a misura d’uomo. A piedi, a cavallo, al più in carrozza. Per più di 100 anni hanno accolto a fatica la crescita esponenziale delle auto e (fino a un certo punto) sono riuscite ad adattare la scala dello sviluppo urbano alla mobilità a motore.

Durante il boom economico, edilizio e infrastrutturale del nostro Paese, l’auto media – per esempio, la 1100 Fiat prodotta fino al 1969 – era larga 148 centimetri e lunga quattro metri esatti, con un’impronta al suolo inferiore a sei metri quadrati. Parcheggi, box, posti auto, corsie stradali, gallerie e tutto ciò che veniva costruito era commisurato queste dimensioni. È l’ambiente urbano dove viviamo tuttora, cambiato solo nelle periferie commerciali. In questo paesaggio, l’occupazione dello spazio da parte dei veicoli offre ormai una vista imbarazzante. Le auto sono diventate troppo larghe e troppo lunghe. Troppo grosse.

Nel 1974, la prima serie della Volkswagen Golf – disegnata da Giorgetto Giugiaro e tuttora best-seller europea – era larga 161 e lunga 370 centimetri. La seconda (1983) si gonfiò un pochino: 167×399 cm. E così la terza del 1991 (170×400), poi la quarta del 1997 (174×415), la quinta del 2003 (176×421), la sesta del 2008 (178×420), la settima del 2012, larga 180 e lunga 425 centimetri.

In 50 anni, l’impronta di un’auto media come la Golf è passata da 5,96 a 7,65 metri quadrati, una crescita del 28%. In altezza, invece, la Golf è cresciuta dai 141 centimetri della prima serie ai 144 dell’ultima, un modesto aumento del 2%. Anche la statura di un italiano (maschio) è aumentata: l’italiano medio è alto 175 centimetri, cresciuto di 4 centimetri in mezzo secolo, il 2%. Esattamente come la Golf, in altezza. Le donne italiane, invece sono cresciute di più, circa il 3%. Per fortuna, la gente non ha emulato i personaggi di Fernando Botero e l’impronta umana non è cresciuta come quella dell’auto, ingigantita dal boom dei suv (4 milioni e 56mila veicoli venduti nel 2017 in Europa su un totale di 15 milioni e 600mila).

Per la gioia degli automobilisti, all’inizio dell’anno si era sparsa la voce di una possibile abolizione della tassa di possesso, il cosiddetto bollo auto. Un’imposta non particolarmente amata dalla gente; anche se dubito dell’esistenza di una qualsivoglia tassa che sia amata dalla gente, italica e non. La campagna elettorale era alle porte e qualcuno inserì la proposta nel proprio pacchetto elettorale. Nessuno, neppure chi prometteva di mantenere la tassa, ha discusso se i criteri della tassazione avessero bisogno di qualche aggiustamento. A urne spente, nessuno ne ha più sentito parlare.

In Europa, la tassa di possesso è uno dei tanti esempi di perfetta armonia fiscale. I criteri adottati sono variegati: cilindrata (Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia); consumo e peso (Danimarca); emissioni di Co2 (Cipro, Grecia, Irlanda, Regno Unito); emissioni di Co2 e peso (Finlandia); emissioni di Co2 e cilindrata (Germania, Portogallo); emissioni di Co2 e combustibile (Francia); emissioni di Co2, peso e combustibile (Belgio, Olanda, Svezia); età (Ungheria); potenza (Austria, Bulgaria, Italia); potenza ed età (Croazia); potenza, peso e cilindrata (Lettonia). Tre paesi (Estonia, Lituania, Polonia) non applicano tasse di possesso alle automobili.

In tutta Europa c’è comunque una significativa tendenza a focalizzare la tassazione complessiva (acquisto, possesso, circolazione) sulle emissioni di Co2. L’obiettivo è nobile: salvaguardare l’atmosfera. Per fare 100 chilometri, un’auto può emettere anche 20 chilogrammi di C02, consumando 7 chili di benzina. Dove prende i chili che mancano al bilancio, al netto della quota di carburante che la fa muovere? Dall’ossigeno contenuto nell’aria che respiriamo. Giusto farlo pagare!

Salvaguardare l’uomo e il suo spazio in un ambiente urbano ormai saturo di veicoli, dovrebbe essere un obiettivo altrettanto nobile. Una tassazione basata sull’impronta al suolo o addirittura sull’ingombro volumetrico 3d potrebbe incoraggiare una progressiva riduzione delle dimensioni dei veicoli. La leva fiscale è il mezzo con cui la comunità influenza i costumi, la produzione industriale e il mercato. L’Europa fiscale spreme dai veicoli a motore 413 miliardi di euro all’anno, usando una moltitudine di criteri diversi. Pensare anche al suolo e al paesaggio, oltre che all’aria, non sarebbe una cattiva idea.

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