Non sono riusciti a raggiungere il rifugio perché sorpresi da una bufera di neve. Un imprevisto che è costato la vita a 6 escursionisti, cinque dei quali di nazionalità italiana. E altre due persone lottano tra la vita e la morte.

Chi sono le vittime
Oltre alla guida italiana Mario Castiglioni, che conduceva il gruppo intrappolato dal gelo, tra le vittime ci sono anche tre escursionisti esperti di Bolzano: Elisabetta Paolucci, Marcello Alberti e Gabriella Bernardi, marito e moglie. Facevano parte di una cordata di 14 persone di nazionalità italiana, francese e tedesca che si trovava sull’Haute Route Chamonix-Zermatt, nelle Alpi Svizzere.

Gli sciatori avrebbero dovuto raggiungere il rifugio a 3157 metri di quota fra Pigna d’Arolla, lungo il percorso della Haute Route, un itinerario scialpinistico che collega Chamonix, ai piedi del Monte Bianco, con Zermatt, sotto il Cervino. L’operazione di salvataggio è partita dopo un allarme lanciato verso le 6.30 di lunedì 30 aprile dal responsabile della capanna Vignettes, obiettivo del gruppo.

Impegnati sette gli elicotteri di Air Glaciers, Air Zermatt e Rega, oltre a diversi medici e guide. Ma quando i soccorsi sono arrivati Castiglioni era già morto a causa di una caduta, nel disperato tentativo di raggiungere in solitaria il rifugio per lanciare l’allarme. Gli altri cinque escursionisti sono deceduti in ospedale e due sono in condizioni gravissime nelle strutture mediche del Canton Vallese, Berna e Losanna. Gli altri, ricoverati per una leggera ipotermia, non sono in pericolo.

Le storie delle vittime italiane
“Parto domani per la mia grande avventura”. Così scriveva Elisabetta Paolucci il 24 aprile ad un amico il giorno prima della partenza. Professoressa di italiano di un liceo bolzanino si era presa un anno sabbatico per approfondire gli studi, ma anche per compiere delle escursioni in montagna e in barca a vela.  I coniugi Alberti non avevano figli: Marcello era un noto commercialista del capoluogo altoatesino, che lavorava nello studio fondato dal padre. La donna (a destra nella foto) invece era una manager alla Thun, responsabile delle risorse umane.

Da tempo i tre parlavano dell’escursione sull’alta via Chamonix-Zermatt, una delle più note e impegnative per gli appassionati, agli amici del Club alpino e li aggiornavano in tempo reale sulla situazione con fotografie sui social network. Oltre alla quarta vittima, Mario Castiglioni, 59 anni, nato a Como e residente in Svizzera, guida alpina che conduceva il gruppo, c’era anche un altro lombardo a compiere l’escursione: Tommaso Piccioli, architetto milanese, era amico dei tre bolzanini morti e aveva frequentato proprio al Cai di Bolzano dei corsi di scialpinismo. La sesta vittima, invece, è una donna bulgara.

Altri 8 morti sulle Alpi
Altri due giovani alpinisti di 21 e 22 anni hanno perso la vita lunedì 30 aprile sulle Alpi bernesi, nella zona del monte Monch, a 4.105 metri. Secondo quanto riferito dalla polizia cantonale di Berna, sono deceduti a causa delle basse temperature e dello sfinimento. In una giornata tragica sulle Alpi, altri tre escursionisti sono morti tra Monte Bianco e Monta Rosa. Si tratta di due francesi, uno travolto da una valanga, e di una russa che era intenzionata a raggiungere Zermatt con le ciaspole. Un altro alpinista è morto sulle Alpi svizzere durante la salita del Feechopf. È un francese di 49 anni travolto da una valanga nel pomeriggio di lunedì e deceduto in serata all’ospedale di Berna. Con lui è stata investita anche una donna, sua coetanea, che è uscita autonomamente dalla massa nevosa, dando l’allarme. La slavina si è staccata verso le 14.45 durante la salita del Feechopf, 3.888 metri nel Vallese. I soccorritori giunti in elicottero – fa sapere la polizia cantonale – hanno trovato e disseppellito l’uomo, che risultava già gravemente ferito. La donna non è in pericolo di vita. Due giovani sciaplinisti del Soccorso Alpino, infine, sono deceduti martedì mattina scivolando in un canale delle Alpi Bellunesi.

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