È stata l’indagine scientifica su una bimba di 9 anni a portare alla scoperta della causa di una grave forma di encefalopatia, che si manifesta con deficit neurologici ed epilessia. Si tratta di una mutazione del gene ATP6V1A. È il risultato dello studio scientifico pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Brain, realizzato dal team di ricercatori del Centro di Eccellenza di Neuroscienze dell’Ospedale pediatrico Meyer e dell’Università di Firenze, diretti dal professore Renzo Guerrini, insieme ai gruppi dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Università di Genova diretti dai professori Fabio Benfenati e Anna Fassio, insieme a un network di Centri internazionali. Lo studio è partito dagli approfondimenti genetici con sequenziamento esomico del Dna, effettuati al Meyer per individuare una possibile causa genetica sulla piccola paziente che presentava quella che si pensava fosse una rara encefalopatia, associata ad epilessia e gravi deficit neurologici.

Il pool fiorentino era a capo del progetto europeo dal nome Desire (acronimo di “Development and Epilepsy – Strategies for Innovative Research to improve diagnosis, prevention and treatment in children with difficult to treat Epilepsy”) per lo studio delle cause dell’epilessia infantile, che coinvolge 25 partner di 11 Paesi e oltre 250 ricercatori in 19 Centri interessati dalla ricerca clinica e di base. Proprio grazie a questo progetto è stato possibile applicare il sequenziamento esomico ai geni per i quali non sono ancora note le conseguenze delle mutazioni.

Il test genetico ha identificato inizialmente una mutazione del gene ATP6V1A nella piccola paziente. Il gene, come spiega il professor Guerrini, poteva essere una spiegazione della patologia, ma occorrevano altri riscontri. Un team di ricercatori giapponesi avevano individuato “altri due pazienti pediatrici con caratteristiche simili alla nostra bambina. Anche loro avevano mutazioni nello stesso gene”. Un altro paziente viene identificato negli Usa. “Nel frattempo – spiega sempre Guerrini – abbiamo avviato una collaborazione per lo studio della funzione della proteina prodotta dal gene con il gruppo dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Università di Genova guidato da Benfenati e Fassio e che partecipa attivamente al progetto Desire”. Proprio il team ligure dimostra come le mutazioni producano nelle cellule dei pazienti – e nei neuroni del topo – un’alterazione nel traffico di membrana intracellulare che esita in un anomalo sviluppo delle sinapsi (i siti specializzati attraverso i quali i neuroni trasferiscono informazioni). Da qui l’idea è che riducendosi le connessioni sinaptiche diminuiscano anche le vie di comunicazione fondamentali per il normale sviluppo e funzionamento del sistema nervoso”.

La rivista Brain accetta lo studio e il gruppo di ricercatori del Meyer (la professoressa Carla Marini, i ricercatori Davide Mei e Valerio Conti) entra in comunicazione con numerosi altri gruppi di ricerca genetica e vengono identificati altri 20 pazienti. Per Guerrini l’importanza dello studio è stato proprio quello di scoprire “una nuova malattia causata dalla mutazione in una delle due copie del gene ATP6V1A che ogni individuo possiede. Una malattia meno rara di quanto inizialmente noi pensassimo e probabilmente non scoperta prima perché la mutazione di entrambe le copie del gene causa un’altra malattia. Quindi chi trovava una mutazione in una sola copia non sapeva come considerarla”. L’eccezionale risultato è destinato ad avere importanti ricadute per i pazienti sia nell’ambito della diagnostica di laboratorio che per la consulenza genetica delle famiglie (le mutazioni del gene ATP6V1A sono de novo, quindi non ereditate).

L’abstract su Brain

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