Ipotesi concordato Atac respinto? Pronti con il piano B: un’amministrazione controllata dal Ministero Economia e Finanze, che con il supporto delle Ferrovie dello Stato e del Mit, governi un periodo di transizione di almeno 18-24 mesi durante il quale investire pesantemente – si parla di circa 500 milioni di euro – sul rinnovo della flotta e rimettere in piedi l’azienda. Il tutto, possibilmente, gestito da una maggioranza nazionale M5S-Pd. Una soluzione che avrebbe l’effetto immediato di evitare la tanto sbandierata interruzione del servizio di trasporto pubblico a Roma. Non vi sono mai stati dubbi che Virginia Raggi e i suoi volessero andare fino in fondo alla procedura concordataria iniziata per Atac lo scorso settembre, nemmeno nei giorni in cui sui cellulari dei cronisti romani fioccavano messaggini depistatori del tipo “è deciso: il Comune ritira la richiesta”. E la fresca bocciatura in Aula della mozione Pd che ne auspicavano il ritiro – con discussione in Assemblea Capitolina platealmente snobbata dalla sindaca e dall’ad Paolo Simioni, lo scorso 24 aprile – ne è stata, a posteriori, la chiara dimostrazione. Ma è allo stesso modo galoppante il pessimismo che si respira in Campidoglio e nella sede aziendale di via Prenestina dopo la lettura del decreto del Tribunale fallimentare di fine marzo. Le controdeduzioni – assicurano fonti capitoline – sono già partite in direzione viale delle Milizie, ma non sarà facile convincere i giudici a rivedere le posizioni assunte su molti dei pilastri.

E se il 30 maggio, dunque, dovesse arrivare la tanto temuta bocciatura? Ecco che le intelligence politiche si stanno già muovendo a preparare il terreno per l’arrivo “morbido” di un commissario governativo che non solo salvi l’azienda, ma la rilanci sul modello già indicato a suo tempo dall’ex assessore Massimo Colomban – di cui Simioni è stato per mesi il braccio destro – Lo scenario di un governo M5S tenuto in vita dai voti Pd-Leu favorirebbe questa soluzione, perché darebbe la possibilità ai pentastellati di mantenere il pallino dell’operazione e lasciare al Campidoglio l’organizzazione del trasporto in città. D’altra parte, resta fondamentale l’apporto dem, considerando che la Regione Lazio reciterebbe un ruolo decisivo in virtù degli ottimi rapporti che intercorrono fra Nicola Zingaretti e il mondo Fs e, soprattutto, delle tante partite economiche in corso fra l’Atac e l’ente regionale, non ultimi i contenziosi sulla distribuzione della bigliettazione metrebus. Anche la nuova macrostruttura Atac partorita il 24 aprile sembra andare in questo senso, con l’ulteriore responsabilizzazione di alcuni dirigenti ritenuti legati a quella parte del Pd che insieme a Leu ha preso posizione per il ‘No’ al referendum dei Radicali per le liberalizzazioni delle linee – in particolare l’ala che risponde all’assessore zingarettiano Massimiliano Valeriani. Proprio la consultazione inizialmente prevista per il 3 giugno, quattro giorni dopo il probabile pronunciamento del Tribunale, avrebbe potuto subire l’influenza di questo scenario, e in questo senso arriva a fagiolo la decisione del Comune di spostare in autunno la chiamata alle urne sul tema, ufficialmente per “evitare confusione tra consultazioni di differente natura che dovrebbero svolgersi nello stesso arco temporale”. La mozione presentata dal gruppo capitolino Pd avrebbe voluto accelerare tutto il processo, sebbene interrompere ora la procedura di concordato avrebbe rappresentato una pesante sconfitta politica per il M5S. E tenendo anche conto che il Tribunale potrebbe anche pronunciarsi in maniera favorevole, ovviamente.

Da quel momento in poi, gli scenari potrebbero essere molteplici e anche difficili da prevedere, almeno finché non sarà risolto il puzzle governativo. Anche perché in Atac vi sono almeno 380 esuberi amministrativi da ricollocare, una partita da 200 milioni su accordi nazionali stipulati dalla giunta Alemanno (senza il coinvolgimento dell’azienda) che pesano sul bilancio della municipalizzata, il probabile taglio del 15% del fondo nazionale dei Trasporti previsto per il 2018, le riflessioni sul prezzo del biglietto che qualcuno già inizia a fare. Infine, in nome dell’indirizzo più volte ribadito che “Atac deve rimanere pubblica“, andranno anche studiate le quali basi giuridiche per giustificare l’attivo coinvolgimento di un operatore come Fs, che da azienda al 100 per cento pubblica resta pur sempre acerrimo concorrente delle multinazionali private interessate al trasporto capitolino, la francese Ratp e l’anglotedesca Arriva su tutte.

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