Doveva lanciarsi con un’auto contro la folla. E aveva ricevuto l’ordine di uccidere come già avvenuto in altri attentati nel resto d’Europa da Nizza a Berlino. Alagie Touray, 21 anni, gambiano, è stato fermato a Napoli il 20 aprile nel corso di un’operazione antiterrorismo condotta dalla Digos e dal Ros. Il giovane è stato bloccato all’uscita della moschea di Licola, Touray, che era titolare di un foglio di soggiorno provvisorio, aveva chiesto asilo politico ma la pratica per la concessione era ancora in valutazione. Il fermo dell’uomo, come ha spiegato il procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo, è stato già convalidato dal gip che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa “di partecipazione all’associazione terroristica denominata Islamic State o Daesh“. All’uomo è stato trovato anche un video in giurava fedeltà all’Isis e al califfo Al Baghdadi. Quel filmato è stato pubblicato su Telegram, e sempre tramite Telegram il ragazzo avrebbe ricevuto l’ordine di attivare l’attentato. “Giuro di prestare fedeltà al Califfo dei musulmani Abu Bakr Al Quaraishi Al Baghdadi, nei momenti difficili e facili, nel mese di Rajab giorno 2 e Allah è testimone di quello che dico” la formula del giuramento.

L’ordine via Telegram, in chat scriveva: “Sono in missione”
Le indagini hanno permesso di ricostruire i suoi spostamenti: era sbarcato a Messina con altre centinaia di migranti il 22 marzo 2017, partiti dalla Libia, e da un anno risiedeva a Pozzuoli (Napoli). Il ragazzo ha spiegato che non intendeva dar corso alla richiesta arrivati gli attraverso il social network Telegram, ma tra gli elementi contro Touray anche la richiesta di una chat i confratelli islamici di pregare per lui. “Sono in missione”, scriveva.  Da circa un anno era ospite di una struttura alberghiera di Licola, nel comune di Pozzuoli (Napoli), dove è stato allestito un centro accoglienza e proprio all’interno del centro accoglienza ha realizzato il video. Non sono stati ancora identificati gli utenti Telegram che hanno ricevuto il video.

Indagine partita dopo segnalazione dell’intelligence spagnola
L’indagine è partita da una segnalazione dell’intelligence spagnola. Le autorità di Madrid avevano scoperto su Telegram il video del giuramento di fedeltà al califfo girato dal giovane. Dal suo telefonino aveva cancellato il video, che però è stato recuperato dagli esperti informatici.  L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo, con l’aggiunto Rosa Volpe e il pm Gianfranco Scarfò del pool antiterrorismo.

Gabrielli: “In tutti gli altri episodi giuramenti accertati dopo”
“La cosa certa è che questo cittadino gambiano aveva registrato il giuramento di fedeltà al Califfato e che, normalmente, negli attentati che ci sono stati, il giuramento è l’attività prodromica alla commissione di delitti – ha detto il capo della Polizia Franco Gabrielli, in Procura a Napoli dove si è tenuta una conferenza stampa – Se voleva far seguito al giuramento, dove e con quali modalità ovviamente sono rimesse solo alle sue dichiarazioni. Prima aveva detto che era uno scherzo, poi una proposta cui non avrebbe dato seguito. Sono tutte cose che devono essere accertate. Ancora una volta il sistema di prevenzione ha funzionato. Soprattutto – ha aggiunto Gabrielli – ha funzionato la corretta circuitazione delle informazioni tra l’intelligence e le forze di polizia. Come dice il mio ministro ‘mai dire mai’, però ancora una volta il sistema ha funzionato e di questo dovremmo tutti essere felici, senza amplificare o fantasticare”.

“Non è stato sventato un attentato a Napoli o da un’altra parte. È stato individuato un soggetto che aveva fatto giuramento di fedeltà al califfato e che riteniamo altamente probabile potesse porsi in una condizione di dare seguito a quel giuramento. Ma tutto questo ad oggi non c’è” ha sottolineato Gabrielle specificando “è la prima volta che si arriva a un giuramento prima della commissione di un attentato. In tutti gli altri episodi i giuramenti sono stati accertati in una fase postuma, questa volta abbiamo accertato il giuramento preventivamente. Ovviamente, e lo ha sottolineato il procuratore, senza una chiara progettualità terroristica”. Gabrielli ha spiegato che “c’è tutta una serie si altre attività in corso” e che “si indaga su un ampio spettro di soggetti che a vario titolo possono essere venuti in contatto” con il 21enne gambiano.

Espulsi 32 sospetti dall’inizio dell’anno
Si tratta dell’ennesima operazione antiterrorismo dopo quelle delle ultime settimane anche con le espulsioni di questi giorni nella galassia jihadista, 32 dall’inzio del 2018. Segnalazioni su possibili attacchi arrivano in continuazione e vengono esaminate dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa). Il livello di allerta in Italia è al massimo, il 2. Quello successivo, il 3, scatta quando c’è un attentato in atto. I lupi solitari, come quelli che nel corso del tempo hanno colpito in Francia, sono il pericolo numero 1. Giovani, disadattati, di recente radicalizzazione, possono passare all’azione stimolati dai continui appelli al jihadismo che viaggiano in rete. Da tenere d’occhio anche i combattenti di ritorno dai teatri di guerra: poco più di 120 quelli che hanno avuto a che fare con l’Italia. Per rientrare nei Paesi di provenienza possono seguire le rotte dei migranti, come più volte segnalato dal ministro dell’Interno Marco Minniti.

Le espulsioni “per motivi di sicurezza dello Stato” rappresentano uno degli strumenti chiave messo in campo dal Viminale. Tra gli allontanati, una ventina di imam. La minaccia dunque, come rilevato nell’ultima relazione dell’intelligence, resta “di prima grandezza”, proprio per la capacità di innescare processi di radicalizzazione nei paesi ‘bersaglio’ ed incoraggiare l’azione autonoma “con ogni mezzo disponibile”. Auto e camion compresi.

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