Dagli scandali da milioni di euro dei finanziamenti illeciti si è passati alle firme false sulle lauree per esami forse mai conseguiti. Ma ora le fedine penali della politica spagnola fanno quasi rimpiangere i problemi giudiziari dei colleghi italiani. La presidente della Regione di Madrid, Cristina Cifuentes, 53 anni, stella del firmamento e possibile subentrante al premier Mariano Rajoy come capo del Partito Popolare, è stata infatti costretta alle dimissioni perché nel 2011, quando già era vicepresidente dell’assemblea di Madrid, cioè il consiglio regionale della capitale spagnola, tentò di taccheggiare un supermercato, infilando nella borsa due vasetti di crema anti-rughe. Si tratta dell’ultimo colpo all’immagine del Pp, già in crisi profonda dopo gli scandali giudiziari degli ultimi dieci anni e i sondaggi che colano a picco. Mentre brilla la stella del futuro: il partito “di rottura” (ma moderato) dei Ciudadanos, che sfiora il 30 per cento.

E la polizia fece sparire le carte sul furto
La Cifuentes ha detto di dimettersi per proteggere la sua famiglia e che si è trattato “solo di un malinteso“. Un modo un po’ sbilenco per spiegare immagini e ricostruzioni piuttosto eloquenti pubblicate da OkDiario, un giornale online di destra che si definisce il “sito degli anticonformisti”. Nel video si vede la Cifuentes che viene accompagnata da un vigilante del supermercato in una stanza del retro – una specie di scantinato -, poi viene invitata svuotare la borsa, estrae un vasetto di crema, ma solo dopo l’insistenza della guardia privata viene fuori anche l’altro vasetto. L’incidente viene superato col pagamento delle creme, ma è tutto il resto che peggiora le cose. E’ un poliziotto, arrivato in un secondo momento, a riconoscere la Cifuentes che d’altra parte all’epoca è consigliera regionale già da vent’anni: non le chiede nemmeno i documenti e chiede sbigottito al vigilante, “Ma davvero non sai chi è?”. Ed è la polizia a far uscire la vicepresidenta dal retro del supermercato e fu il commissariato, sempre secondo OkDiario, a eliminare tutti gli atti relativi a quella storia per ordini superiori, anche se non è chiaro quanto superiori. Il supermercato, invece, come da legge, eliminò il video dopo poco. Eppure il filmato è tornato ora tutto intero attraverso un giornale non proprio di prima fila.

L’altro scandalo della governatrice: le firme false sulle laure
Rajoy, quasi scioccato, si è limitato a commentare che la Cifuentes, lasciando l’incarico di governatrice, ha fatto “quello che doveva fare“. Il presidente del gobierno è furente. Anche perché finora aveva difeso la Cifuentes per un’altra vicenda imbarazzante, quella delle firme false su un master in Diritto delle autonomie all’università Rey Juan Carlos, la cosiddetta “Università del Pp”: in sostanza sui documenti alcuni esami si sono trasformati da “non presentato” a voti fatti e finiti. Nel mese abbondante di polemiche che avevano coinvolto la governatrice, il Pp aveva deciso di difenderla. “L’abbiamo sostenuta in queste settimane – ha detto Rajoy in preda all’irritazione – perché ci aveva garantito che non ci sarebbero stati altri scandali”. E invece è uscita la crema anti-rughe.

L’ombra lunga delle rese dei conti da “fine impero”
Una tempistica che fa pensare non poco. A dire quello che molti sospettano, per paradosso, è il più fiero oppositore di Rajoy, il leader di Podemos Pablo Iglesias che difende così la Cifuentes: “Vediamo un falso giornalismo da tabloid, cloache e settori del Pp che usano gentaglia per distruggere un essere umano”. Il suo braccio destro Íñigo Errejón aggiunge: “Coloro che hanno salvato il loro video per ricattarla non può scegliere il suo successore. La dignità delle istituzioni di Madrid si riprenderà solo con la rigenerazione”. Insomma, dentro al Pp sembrano iniziate le rese dei conti da fine impero e c’è chi fa notare che i popolari controllano da tempo tutti gli organismi che hanno a che fare con forze dell’ordine e servizi segreti. In Spagna la chiamano la paura del “contagio”. “Siamo preoccupati – dicono alcuni dirigenti del partito, terrorizzati al solo pensiero, citati dal Paìs – Cominciano a nascere le fazioni”. E così il Pp “arriverà decimato”, perché si è come “in una barca nella quale ognuno rema a modo suo”. Di sicuro in questa gara di sopravvivenza non ci sarà la Cifuentes, prima vittima di questo bel clima.

Il sorpasso dei Ciudadanos (gli indignati di destra)
Il punto, infatti, è che il Pp è in crisi nera e forse definitiva dopo una decina d’anni di inchieste e processi che hanno lambito lo stesso Rajoy e dopo l’onda lunga degli Indignados che dà ancora benzina ai partiti “anti-sistema” (ma ormai stabilmente nelle istituzioni). In una situazione di impasse del tutto identica a quella attuale in Italia, i Popolari tengono in piedi con i fili un governo “di minoranza”, cioè con l’astensione dei socialisti che su ogni provvedimento fanno sentire il proprio peso. E poi il tracollo nei sondaggi che certificano che la bacchetta magica di Rajoy non funziona più: finora il presidente del gobierno – così sempre debole da uscire sempre indenne, come lo ha descritto qualcuno – era riuscito incredibilmente a tenere su un partito trafitto da ogni parte, sia dal punto di vista giudiziario che politico-economico, fino ai ruggiti muscolari e alle manganellate di massa per fermare i tentativi di secessione della Catalogna ai limiti delle regole di convivenza europee.

L’ultima resistenza del partito “più tradizionale”
Anche per questo è difficile dire se per il Pp il caso quasi umiliante di una politica che arriva a rubare una crema al supermercato davanti alla sede dell’Assemblea regionale possa essere davvero il colpo di grazia. Finora i popolari hanno dimostrato di avere sempre risorse per rimanere punto di riferimento almeno in alcuni pezzi di elettorato e in alcune zone della Spagna. Ma è un lento logoramento: negli anni hanno perso i sindaci di Madrid e Valencia, due feudi storici, nel Congresso la maggioranza assoluta è un lontano ricordo, nei sondaggi la discesa libera ha prodotto un crollo di quasi 15 punti in meno di due anni (dal 33 al 20 per cento).

La protesta contro i partiti tradizionali, esplosa con le occupazioni degli Indignados nel 2011, da un lato ha da tempo rinsecchito il Partito socialista, che aveva anticipato il disastro del Ps francese nel 2017 e del Pd quasi due mesi fa. E dall’altra ora chiede il conto anche al Pp la cui emorragia di voti (che nel 2016 si dirige verso Ciudadanos: un partito “di cambiamento”, sì, ma che non c’entra niente con Podemos. La base dei Ciudadanos, per capirsi, “sondata” pochi giorni fa”, era per tre quarti favorevole alle dimissioni della Cifuentes per via del caso della laurea. Forza politica moderata e di centro, in questi giorni è di gran lunga primo in tutti i sondaggi (28 per cento) nonostante sostegna il secondo governo Rajoy. Una performance che – in vista delle elezioni comunali, regionali e europee del 2019 e delle Politiche del 2020 – fa sognare il suo leader Albert Rivera. Barcellonese, macroniano ante litteram, che evita sempre la scelta tra sinistra e destra, vuole abbassare le tasse, rispettoso della monarchia e energicamente anti-indipendentista. Un identikit quasi perfetto.

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