Era nell’aria da settimane ma negli ultimi giorni, complice la stagione favorevole a nuovi sbarchi, la tensione è sfociata in violenza. Domenica 22 aprile, la piazza centrale dell’isola greca di Lesbo è stata trasformata in un campo di battaglia con 35 feriti tra cui pare ci sia anche l’avvocato Ariel Ricker, che collabora con i gruppi di solidarietà.
L’isola più orientale della Grecia, che di fatto è il primo approdo dei migranti via Turchia, ha vissuto momenti di scontro fisico tra un gruppo di estrema destra che si è scagliato contro una carovana di 60 migranti che occupava da alcuni giorni la capitale dell’isola, per protestare contro le lunghe procedure di asilo. Gli attivisti di ultradestra hanno lanciato petardi, bottiglie e pietre contro i richiedenti asilo, poco dopo è intervenuto il gruppo dei Mat, le teste di cuoio greche, che hanno ingaggiato uno scontro fin nei vicoli della cittadina. In seguito li hanno diradati con lacrimogeni e manganelli.

Il gruppo si era riunito in centro in segno di solidarietà ai due militari greci detenuti da due mesi in Turchia, ma subito la protesta si è spostata alla questione migranti: da alcuni giorni infatti sia a Lesbo che a Salonicco una carovana di rifugiati si trova in pianta stabile nel centro città in attesa delle procedure di asilo. L’hotspot isolano di Moria è al collasso, ospitando già 6500 persone, mentre la capienza massima è di 3000. Il partito comunista greco, il Kke, condannando l’episodio di stampo razzista, ha chiesto al governo di utilizzare i nuovi fondi che Bruxelles invierà ad Atene, circa 180 milioni, per trasferire i migranti dalle isole di Lesbos, Chios e Kos a siti nell’interno del Paese.
In questo modo potrebbe essere più agevole ridurre la tensione delle popolazioni locali, che con l’avvicinarsi della stagione estiva vedono minacciato il loro unico sostentamento economico (il turismo), e al contempo avere un controllo più diretto dei centri con la regia del ministero degli interni ellenico. Lesbo, infatti, si trova a 2 ore di volo ad Atene, in nave è raggiungibile dopo 15 ore, mentre a est è vista come primo approdo dalle coste turche da cui dista solo 2 chilometri.

Da mesi ormai a Lesbo i migranti chiedono migliori condizioni di vita, procedure burocratiche più veloci e la possibilità di lasciare l’isola trasformata in un centro detentivo dopo l’accordo tra l’Ue e la Turchia. E proprio su questo punto, il 17 aprile si è espressa la Corte suprema greca, che con una sentenza ha annullato la decisione del governo di imporre limitazioni geografiche a chi arriva sulle isole greche. Una decisione che però non è retroattiva, e quindi non riguarda chi è già sbarcato. Per questo Amnesty international, pur accogliendo con favore il provvedimento della più alta corte greca, ha sottolineato come questo non “risolva il problema del sovraffollamento”, e per questo ha fatto di nuovo appello al governo perché interrompa la politica adottata finora e permetta a tutti il trasferimento sulla terraferma.

Nel solo mese di aprile gli arrivi dal confine turco sul fiume Evros sono arrivati a 1500, mentre nello stesso periodo di dodici mesi fa erano stati solo 400. Nel frattempo oggi a Chios verrà celebrato il processo a 35 immigrati accusati di aver causato disordini nell’hotspot di Moria lo scorso 18 luglio: dovranno rispondere di incendio doloso, tumulti, lesioni agli ufficiali di polizia e distruzione della proprietà privata e pubblica, resistenza e disturbo della quiete pubblica. Per la liberazione dei 35 migranti si stanno mobilitando associazioni di volontariato, ong e riviste online.

I video delle manifestazioni sono stato girati da Ariel Ricker, dell’ong Advocate abroad
twitter@FDepalo

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