Sembra anacronistico togliere qualcosa dopo averlo concesso e risolvere il problema della privacy e della tutela dei minori innalzando i limiti minimi di età per l’iscrizione. Ma davvero è questo il problema?

Secondo l’articolo 8 dei provvedimenti limitativi che riguarderanno i ragazzi di età compresa tra i 13 e i 15 anni dei paesi dell’Unione europea, gli utenti di questa età diventeranno automaticamente frequentatori abusivi dei social dall’entrata in vigore della nuova normativa nelle prossime settimane. A meno che non ottengano il consenso dei genitori i giovani utenti dovranno accontentarsi di una versione meno personalizzata di Facebook e di condividere molti meno dati personali.

Per certi aspetti non ci sarebbe niente di strano nel potersi muovere liberamente nel web solo con il benestare dei genitori, così come accade per la libertà di movimento nel mondo reale. Purché non si perda di vista quello che è il problema principale, che non è il permesso di entrare o meno e muoversi più o meno liberamente (nei social, come anche nel mondo reale) ma è soprattutto farlo dopo aver acquisito gli strumenti adatti e sapere come muoversi, dove avventurarsi, quali sono i rischi e i problemi che il giovane potrebbe trovarsi ad affrontare, quali cose si possono fare e quali no e così via.

Prima che di limiti è importante perciò parlare di educazione digitale e che l’educazione digitale rientri all’interno del progetto educativo del bambino prima e del ragazzo poi, che l’apprendimento del linguaggio digitale inizi in famiglia e prosegua poi a scuola, che gli insegnamenti siano propedeutici e che ci sia integrazione tra le due istituzioni nel percorso di l’alfabetizzazione digitale.

Come prenderanno i ragazzi le nuove limitazioni? Finora hanno sempre trovato modi ingegnosi per beffarsi dei limiti imposti da Facebook e da altri social. Basti pensare che l’attuale limite minimo di l’età per l’iscrizione è di 13 anni, ma già a 10 anni molti di loro sono navigatori più che esperti dei network, con dati e nomi falsi, profilo magari condiviso con altri amici, ecc..

Ritardare l’età di ingresso senza prevedere percorsi di educazione e accompagnamento non fa che spostare in avanti il problema. A 15 anni i ragazzi saranno forse un po’ meno istintivi (?), ma risulteranno indietro rispetto ad altri più intraprendenti e senza strumenti adatti saranno più soggetti a esposizioni incontrollate e inadeguate che i sistemi non mancheranno di sfruttare.

Non dimentichiamo poi che in adolescenza la spinta all’autonomia e alla libertà è molto forte, molte energie adolescenziali vengono impegnate verso questi obiettivi. Un limite imposto e non compreso in questa fase di vita potrebbe diventare un’altra sfida da raccogliere per perseguire l’autodeterminazione e dimostrare le “falle” del sistema. Vietare qualcosa a un adolescente – oltre che a stimolare la sua curiosità – equivale a sollecitare comportamenti oppositivi e di ribellione, a condurlo a ricercare soluzioni sempre più sofisticate per aggirarlo e sfuggire al controllo normativo e genitoriale.

Il mondo virtuale dunque non fa differenza e nell’area tecnologica vengono trasferiti i contrasti generazionali: la rete è il nuovo spazio in cui si realizza il conflitto familiare che caratterizza il percorso dei figli verso l’età adulta. Più le norme sono rigide e non condivise, più il conflitto si fa acceso.

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