Nel segno della Lega. Si va a votare in Friuli Venezia Giulia per cercare il successore della dem Debora Serracchiani, ma a tirare i fili di una partita dall’esito che appare scontato è il partito di Matteo Salvini. Che non punta solo a ottenere il terzo governatore del nord, dopo quelli di Lombardia e Veneto, e non gioca tanto contro il centrosinistra quanto contro i Cinque stelle in chiave di governo nazionale e contro l’alleato Silvio Berlusconi, nella prospettiva di mangiarsi Forza Italia.

Adesso si capisce perché, dopo i risultati delle politiche di marzo, Salvini ha preteso dagli alleati un candidato leghista, individuato in Massimiliano Fedriga, parlamentare di lungo corso, a costo di lasciare agli azzurri la presidenza del Senato. In pochi giorni sono stati sacrificati sull’altare dell’alleanza prima Riccardo Riccardi, quindi Renzo Tondo, già presidente della regione autonoma e sconfitto cinque anni fa per una manciata di voti dalla Serracchiani. Il 16 marzo era il candidato ufficiale, per contrastare Sergio Bolzonello del centrosinistra. Cinque giorni dopo era già in un angolo.

Un tritacarne reso possibile dai risultati delle politiche. La Lega è volata al 25,8 per cento, Forza Italia è piombata al 10,7 per cento, mentre Fratelli d’Italia si è accontentato del 5,3 per cento. Coalizione al 43 per cento. M5S, da solo, al 24,6 per cento, tracollo del centrosinistra con il 23 per cento di coalizione e il Pd a un modestissimo 18,7 per cento. Con questi numeri Salvini ha potuto giustificare l’imposizione di Fedriga, decisa dopo un summit a Palazzo Grazioli: “La sua candidatura la chiedeva la gente. La politica ha ascoltato e fatto un passo indietro. E stando ai sondaggi è stata la scelta vincente”. Sono proprio gli ultimi sondaggi prima del silenzio pre-elettorale a dire quanto l’esito del voto del 29 aprile (seggi aperti dalle 7 alle 23, scrutinio a cominciare da lunedì mattina) appaia scontato. Fedriga viene accreditato di un 47-51%, Bolzonello è staccatissimo al 26-30%, mentre il candidato M5S, Alessandro Fraleoni Morgera, veleggia tra il 18 e il 22 per cento. L’autonomista Sergio Cecotti, per il Patto per l’Autonomia, avrebbe un residuale 2-4 per cento.

Fedriga, quindi, è un vincitore predestinato, Forza Italia si è piegata alla logica dei numeri. Ed ora si capisce perché Salvini lo ha voluto a tutti i costi. Tra propaganda elettorale e progetto federalista, la Lega ha scelto di fare delle elezioni friulane un grimaldello, non senza contraddizioni, dell’”asse del Nord”. Il 21 aprile tre governatori e il candidato Fedriga firmano un accordo “per condividere una linea comune per tutelare le Regioni al tavolo con lo Stato centrale”. Fedriga sarà assieme a Luca Zaia (il Veneto sta trattando deleghe autonomiste dopo il referendum dello scorso autunno), Attilio Fontana (Lombardia, analogo referendum) e Giovanni Toti (Liguria, l’unico non leghista, essendo di Forza Italia). Tre regioni a statuto ordinario e una a statuto speciale come il Friuli. Fedriga la spiega così: “L’idea è costruire un sindacato del territorio, far fronte comune su una serie di battaglie. Sull’immigrazione dobbiamo reagire alle imposizioni del governo ai territori. Ma serve un supporto reciproco nelle negoziazioni con lo Stato su risorse e competenze delle Regioni”.

L’idea sembra tanto una versione istituzionale della Padania, preludio di una macro-regione. Fedriga si è così esposto alle critiche degli avversari, perché il Friuli Venezia Giulia ha una autonomia sancita dalla Costituzione. Debora Serracchiani, con furore. “Sull’autonomia la Lega spara balle spaziali. Mentre si vorrebbe fare come il Trentino Alto Adige, perché annunciare di voler mettere in uno stesso mazzo davanti al governo le esigenze del Fvg con le richieste di autonomia della Lombardia e del Veneto, o dell’Emilia Romagna? Noi siamo tutelati da uno Statuto speciale che gli altri non hanno. Se cominciamo a trattare assieme è inevitabile che saremo tirati verso il basso”. Affondo finale: “Fedriga è l’esecutore di ordini precisi: fornire alla Lega le forbici per ritagliare la cartina del Lombardo Veneto con una provincia in più a est”. Replica di Salvini in una delle sue molte puntate in Friuli: “L’autonomia? Chi ce l’ha come il Fvg non la perde. Chi non ce l’ha, come Veneto e Lombardia, la può ottenere”.

Sul fronte del centrosinistra, a supporto del vicegovernatore uscente Bolzonello è intervenuto a Udine anche il premier Paolo Gentiloni, che per amor di patria ha detto: “Può vincere. Ed è imbarazzante, per i cittadini del Fvg, che le elezioni in questa regione servono a decidere i rapporti di forza in uno schieramento politico a Roma”. Il candidato ha raccolto l’assist: “Sono convinti di avere stravinto e questa Lega medioevale sostiene un’opzione basata sulla paura. Ma ci saranno delle sorprese”.

E’ abbastanza ovvio che il tema nazionale rimbalzi in periferia. Ma Luigi Di Maio dei Cinque stelle ha avvertito gli elettori friulani: “Non permettete a nessuno di utilizzare le prossime regionali per aumentare il peso contrattuale nella formazione del governo, per dare più forza all’uno o all’altro per gli scambi di poltrone a Roma”.

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