Mancava un piano di carico dei tir, e proprio da uno di quei camion frigo si sviluppò l’incendio, anche perché non c’erano prese di corrente sufficienti e gli autotrasportatori tennero i motori accesi per raffreddare le merci. Una pratica vietata dalle norme di navigazione. E ci furono altre e numerose negligenze, sia nella valutazione dei rischi che durante l’evacuazione, con disorganizzazione e diversi membri dell’equipaggio che abbandonarono la nave prima che i passeggeri fossero in salvo. Lo sostiene la procura di Bari che, dopo 3 anni, ha chiuso le indagini nei confronti di 30 persone fisiche e due società, Visemar e Anek Lines, per il naufragio del traghetto Norman Atlantic, avvenuto al largo delle coste albanesi la notte del 28 dicembre 2014 dopo un incendio scoppiato a bordo che costò la vita a 31 persone, tra i quali alcuni migranti siriani, anche minori, e il ferimento di altre 64.

Le persone sotto inchiesta devono rispondere di cooperazione colposa in naufragio, omicidio colposo e lesioni colpose plurime. Vengono contestate anche numerose violazioni sulla sicurezza e al codice della navigazione. Alle 18 persone già nel mirino dei pm di Bari, Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano, se ne sono aggiunte altre 12: si tratta del legale rappresentante della Visemar, società proprietaria del traghetto, Carlo Visentini, i due legali rappresentanti della greca Anek Lines, noleggiatrice del Norman Atlantic, oltre al comandante Argilio Giacomazzi e a 26 membri dell’equipaggio. A sei di loro si contesta anche di aver abbandonato la nave prima che tutti i passeggeri fossero in salvo.

Dagli accertamenti della Capitaneria di Porto di Bari sono emerse una serie di negligenze, soprattutto sulla valutazione dei rischi e sulla organizzazione delle operazioni di evacuazione della nave, che avrebbero causato il naufragio e la morte di alcuni passeggeri. Sulle cause del naufragio si è celebrato un incidente probatorio che è durato circa due anni con numerosi accessi a bordo del relitto, ormeggiato dal febbraio 2015 nel porto di Bari, e tuttora sottoposto a sequestro probatorio. Le conclusioni dei periti, pubblicate in esclusiva da Fatto.it, parlavano di un “antincendio realizzato male e di parte dell’equipaggio impreparato.

L’incendio, come anticipato da ilfattoquotidiano.it nel dicembre 2015, sarebbe partito da un camion frigo posizionato al ponte 4. Inoltre, stando all’ipotesi accusatoria, sarebbe mancato un piano di carico dei 128 tir a bordo (di cui circa 60 frigo) che quindi sarebbero stati disposti sui ponti in maniera approssimativa, senza rispettare la distanza tra i mezzi e la disponibilità di prese di corrente, costringendo gli autotrasportatori a tenere i motori accesi. Un’ipotesi che si era fatta largo già nei giorni successivi all’incendio: fu una naufraga greca a raccontare al Fatto Quotidiano che all’imbarco a Igoumenitsa, sosta intermedia tra la partenza da Patrasso e l’arrivo previsto ad Ancona, l’uomo addetto al carico dei tir litigava con alcuni membri dell’equipaggio per la sistemazione dei camion refrigerati: “Nel garage quattro uomini dell’equipaggio parlavano di sole quattro spine disponibili”. Ma nel porto c’erano molti mezzi frigo ad attendere. Come ha dimostrato l’indagine, vennero ugualmente fatti salire a bordo. Uno prese fuoco e morirono 31 persone.

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