Il controllo del porto di Bari, il pizzo ai commercianti della sagra di San Nicola, lo spaccio di droga. Sono alcune delle accuse di cui devono rispondere le 17 persone arrestate nella notte di giovedì a Bari durante un’operazione della polizia, ritenute dagli investigatori esponenti di spicco e gregari del clan Capriati, attivo nel Borgo Antico e in altri quartieri della città. Per 14 di loro è scattato il carcere, mentre gli altri rimangono ai domiciliari. Per altre tre persone è stato disposto l’obbligo di dimora. Tra le persone finite in manette ci sono Filippo e Pietro Capriati, figli di Sabino, e nipoti del noto boss Tonino Capriati (non coinvolto nell’indagine), in carcere da 26 anni dopo essere stato arrestato in un’operazione dell’aprile del 1991 che smantellò i clan criminali baresi che operavano a Bari vecchia e al quartiere San Paolo.

Secondo le indagini coordinate dal pm Isabella Ginefra della direzione distrettuale antimafia di Bari, il gruppo è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso e dall’uso delle armi, porto e detenzione di armi da guerra, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e continuate, associazione per delinquere aggravata e finalizzata alla realizzazione di furti.

Come ricostruito dagli inquirenti, oltre allo spaccio di droga che arrivava soprattutto dalla Campania, il gruppo aveva acquisito,  con l’intimidazione e attraverso una società, il controllo del servizio di assistenza e viabilità nel porto di Bari e imponeva l’acquisto di prodotti ai commercianti del quartiere Carrassi e di alcuni comuni limitrofi. Un’attività messa in atto anche con i venditori delle feste patronali come la Sagra per la Festa di San Nicola a Bari. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati grandi quantità di droga, un fucile mitragliatore, un fucile a canne mozze, dieci pistole e recuperata parte della refurtiva.

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