Un “cambiamento profondo, intellettuale ed emotivo” che pone le basi perché il soggetto “possa essere ammesso alla liberazione condizionale” e concludere la pena fuori dal carcere. Il soggetto è Renato Vallanzasca, protagonista della mala milanese e condannato a 4 ergastoli e 296 anni di carcere. Secondo una nota dell’equipe di osservazione e trattamento del carcere milanese di Bollate, dove il ‘Bel Renè‘ è attualmente detenuto, il suo cambiamento “appare di un livello tale (tenuto conto della persona, della sua storia e del contesto) che non potrebbe progredire con altra detenzione, che potrebbe, di fatto, al contrario sollecitare una nuova chiusura dello stesso”. La decisione spetta ai giudici del Tribunale della Sorveglianza. Ma per il pg Antonio Lamanna, cha passato in carcere oltre 40 anni e a cui è stata revocata la semilibertà nel 2014, non può riottenerla e men che meno può avere la liberazione condizionale. Se la direzione del carcere di Bollate parla di un “adeguato livello di ravvedimento” il codice impone, invece, che il ravvedimento sia “sicuro” e, per il pg, nel suo caso non lo è.

Vallanzasca, oggi 67enne, aveva già ottenuto la semilibertà, ma durante un permesso premio era stato sorpreso da un vigilante dell’Esselunga di viale Umbria a Milano mentre tentava di rubare due paia di boxer, delle cesoie e del concime per le piante per un valore di circa 70 euro. Episodio che gli è valso una condanna a 10 mesi per tentata rapina impropria e soprattutto il ritorno al regime carcerario. Nell’agosto del 2017 Vallanzasca è tornato a far parlare di sé per l’aggressione di un agente a Bollate nell’area colloqui, in presenza di altri detenuti e familiari. Una lite comunque ben lontana dalle sommosse di cui il ‘bel René’ è stato protagonista negli anni ’70-’80 e per le quali venne trasferito da un istituto all’altro.

I primi anni – Nato nel 1950, due mogli, un’infinità di storie sentimentali vere o presunte, 4 ergastoli e 296 anni di reclusione, Renato Vallanzasca è diventato un personaggio per la sua carriera criminale, l’amore per la bella vita e le donne. Entrato a 18 anni nel giro dei malavitosi del quartiere Comasina, a 22 arriva il primo arresto per una rapina in un supermercato: condannato a 10 anni, fugge corrompendo un agente. Nel 1976 il salto di qualità, la lotta col clan di Turatello e i sequestri di Emanuela TrapaniRino Balconi.

Gli omicidi e le evasioni –  Latitante, a ottobre uccide a un casello l’agente della polstrada Bruno Lucchesi. Pochi giorni dopo ammazza un medico, Umberto Premoli, pare per rubargli l’auto e continuare la fuga. Il 6 febbraio 1977 in una sparatoria a Dalmine vicino Bergamo, uccide due agenti della stradale: ferito ad una gamba viene arrestato nove giorni dopo. Nell’aprile 1980 tenta di evadere da San Vittore, poco tempo dopo partecipa alla rivolta nel carcere di Novara e uccide il detenuto Massimo Loi, facendone trovare la testa in una cella. Nel 1984 tenta una nuova mancata fuga da Spoleto, fuga che gli riesce tre anni dopo a Genova con un’evasione rocambolesca dall’oblò della nave con cui stava per essere trasferito all’Asinara. La fuga dura alcune settimane. Tornato in galera, ne tenterà un’altra nel 1995 da Novara, per poi essere rinchiuso dal 1999 nella sezione dell’alta sicurezza del carcere di Voghera.

A partire dal 2010 più volte, non senza polemiche, ottiene l’ammissione al lavoro esterno, per poi rientrare in carcere nel 2014 dopo il tentativo di furto al supermercato. Oggi è tornato in aula davanti ai giudici della Sorveglianza che, dopo l’acquisizione di questo nuovo documento a lui favorevole, dovranno decidere nei prossimi giorni. “Confido – ha spiegato l’avvocato della difesa Davide Steccanella al termine dell’udienza  – che il Tribunale accolga un’istanza che alla luce di quanto scrive il carcere di Bollate appare del tutto legittima dopo mezzo secolo di carcere”.

 

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