Sul piano del diritto internazionale – che in una comunità composta da nazioni civili dovrebbe essere decisivo – non vi sono giustificazioni di sorta per l’attacco armato contro la Siria portato avanti la notte scorsa da Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Si è trattato di un’aggressione, cioè di quello che il pubblico ministero statunitense al processo di Norimberga contro i criminali nazisti ebbe a definire il peggiore dei crimini, anche perché è la causa di molti altri crimini, sia di guerra contro l’umanità.

Le abborracciate teorie che le cancellerie dell’Occidente  con l’aiuto di qualche giurista compiacente quanto scadente – si sono affannate ad architettare negli scorsi anni per legittimare i loro interventi di netto stampo imperialista e neocoloniale, non valgono neanche la carta sulla quale sono scritte. Si parla di responsibility to protect ed altre amenità del genere, ma quello che si ripropone è sempre e soltanto il big stick, il grande bastone che da più di un secolo costituisce il contenuto eminente dell’imperialismo statunitense cui oggi si allinea vergognosamente l’Unione europea, a cominciare dai suoi Stati principali.

Sul piano della geopolitica lo scopo dell’attacco è evidente, come acutamente analizzato dal generale Fabio Mini su Il Fatto quotidiano di ieri. La guerra in Siria – scatenata dalle potenze dell’Occidente per riaffermare la loro presenza in Medio Oriente dopo il disastro iracheno – si stava avviando alla conclusione con la sconfitta definitiva dei cosiddetti ribelli, in buona parte bande fondamentaliste finanziate massicciamente da Stati Uniti & C. Si stava per aprire una fase di ricostruzione e rifondazione dello Stato siriano, con la possibilità di far valere – in un nuovo contesto di relativa pace – le aspirazioni di tutti i popoli dell’area alla democrazia e alla convivenza pacifica.

Di fronte a tale sconfitta – giustamente sentita come propria da Stati Uniti, Francia e Regno Unito – è stata giocata la carta della provocazione, allestendo di sana pianta un attacco chimico di cui ha fatto le spese la popolazione civile di Ghouta. Nessun interesse avrebbe avuto Bashar al-Assad a compiere un tale attacco, nel momento in cui stava vincendo la guerra ed i ribelli erano comunque sul punto della capitolazione. Nessuna prova esiste del fatto che l’attacco chimico sia stato compiuto dall’esercito siriano, esistono al contrario testimonianze secondo cui la responsabilità ne va attribuita in toto ai ribelli e ai loro consiglieri occidentali. Esso è d’altronde stato proceduto (pochi giorni fa) da un attacco israeliano che ha fatto varie vittime, ribadendo la funzione di punta di lancia del mondo occidentale di Israele, impegnato a massacrare i palestinesi al proprio interno e sempre pronto a scatenare aggressioni e guerre verso l’esterno.

La situazione è grave. Il conflitto, scatenato da leader di scarsa statura internazionale e con gravi problemi all’interno dei rispettivi Stati – quali Donald  Trump, Emmanuel Macron e la Theresa May  potrebbe degenerare con il coinvolgimento diretto di Iran, Russia e forse Cina. Ci stiamo avviando verso la Terza guerra mondiale. Il governo italiano – guidato da un Paolo Gentiloni e più che mai ridotto allo stato larvale – proferisce mestamente l’ennesimo atto di sottomissione a Trump & C. Paradossalmente, solo Matteo Salvini sembra aver assunto posizioni chiare, mentre Luigi Di Maio balbetta e il Partito democratico si conferma principale candidato al Nobel della servitù filoimperialista. Ma è improbabile che queste forze politiche (Lega compresa) possano avviare il solo percorso oggi necessario: lo sganciamento definitivo dell’Italia dalla Nato e dall’alleanza con i criminali che ci rende oggi complici dei loro misfatti.

Questo deve essere l’obiettivo finale da perseguire, come richiesto tra le forze politiche italiane, solo da Potere al Popolo. Ma intanto qualsiasi governo deve dissociarsi apertamente dall’aggressione e negare – come richiesto dai giuristi democratici – l’utilizzo delle basi militari (siano esse statunitensi o Nato) situate sul territorio italiano, per operazioni che – come l’aggressione di ieri notte alla Siria – violino apertamente il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni unite.

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Siria, gli obiettivi dei raid occidentali. Le due versioni di Washington e Mosca: “Laboratori di armi”. “No, basi aeree”

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