Fino a qualche giorno fa non conoscevo il comune di Pomponesco, almeno fino a quando Francesco Ferrini non ha scritto al suo sindaco. E gli ha scritto con piena cognizione di causa, visto che Ferrini è docente di arboricoltura e presidente della scuola di agraria dell’Università di Firenze e visto che la missiva pubblica riguardava la potatura di un viale alberato di tigli nel suddetto comune.

Sino ad allora per me Pomponesco era sconosciuto, adesso so che è nel basso mantovano e che lì le potature degli alberi si effettuano come dalle foto che vedete: prima e dopo la “cura”. È così che il sindaco ha fatto diventare Pomponesco famosa: sarà un’operazione studiata, nella nostra società dell’apparire?


Ci sarebbero enne cose da dire su queste che io chiamo da legale “lesioni dolose”. Me ne sovvengono due.

La prima è che evidentemente nessuno della giunta comunale ha letto Verde brillante di Stefano Mancuso, laddove l’illustre scienziato parla della sensibilità e dell’intelligenza delle piante.

La seconda (un concetto che ripeto da anni) è che – al di là delle considerazioni sul dolore che causiamo alla natura, al di là degli aspetti economici leciti o meno leciti che stanno dietro molte scelte degli amministratori – questi mancano completamente del senso del bello. Riguardate per favore le foto del prima e del dopo: possibile che il sindaco possa ritenere di avere autorizzato un’operazione che non lascia il suo comune come prima ma, piuttosto, lo abbruttisce e lo depaupera sensibilmente?

Purtroppo, quello che è avvenuto a Pomponesco non è un caso isolato ma si inserisce in un generale modus operandi della mano privata e di quella pubblica che considera gli alberi una materia inerte, utile solo (se va bene) a creare profitti.

E penso qui a quello che è successo a Decima Malafede, area protetta di Roma (presieduta da un rappresentante di Legambiente) dove si è permesso nel mese scorso un taglio di 21 ettari di bosco con nidificazioni in corso da parte della congregazione religiosa Propaganda Fide. E a nulla sono valsi gli appelli a Papa Francesco, che pure ha scritto Laudato Si’.

E penso al recente “decreto foreste” licenziato da un governo oramai spirato e firmato da Sergio Mattarella, che vede nei boschi un “affare”. Gli alberi e i boschi sono un business, non nostri compagni di vita grazie ai quali (tra l’altro) noi viviamo.

Ferrini – nella sua lettera indignata e diciamo pure incazzata – ricorda in proposito una bella frase di Nahaniel Altman, autore di Sacred Trees: “Quando ogni mattina usciamo di casa, quanti di noi vedono effettivamente gli alberi con il proprio cuore? Quanti sono consapevoli della loro bellezza, grazia e potenza? Se divenissimo consapevoli dei tanti doni che riceviamo da essi durante la nostra vita quotidiana, noi cominceremmo a sentire gratitudine e rispetto per essi e apriremmo la porta del nostro cuore per una effettiva comunione con loro”.

Non credo che il sindaco conosca Stefano Mancuso, men che meno Nahaniel Altman: non è mai troppo tardi, li legga e poi mi dica.

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