Sono almeno 30 anni che uno sparuto 0,04% della popolazione italiana, diventa periodicamente oggetto dei temi che monopolizzano impegni e minacce nel periodo elettorale, discussioni nei talk show, colonne di cronaca locale. Quando poi si scopre che questa infinitesima entità è per la maggior parte costituita da bambini, che per quasi la metà si tratta di cittadini italiani, che per relegarli ai margini si spendono ogni anno circa 15 milioni di euro, ecco che allora entriamo in uno dei più evidenti paradossi del Paese Italia.

E’ quanto si scopre sfogliando le pagine del rapporto che annualmente Associazione 21 luglio presenta in Senato in occasione della Giornata internazionale per i diritti dei Rom. In Italia si stima siano circa 26mila i rom presenti in baraccopoli formali e informali. Le prime, abitate da circa 16.400 individui, sono 148, disseminate in 87 Comuni. Il 55% dei rom in emergenza abitativa ha meno di 18 anni e la loro aspettativa di vita è di dieci anni inferiore a quella della popolazione italiana. Centinaia sono invece i micro insediamenti (300 nella sola Capitale) abitati da meno di diecimila persone residenti principalmente nelle periferie delle grandi città, con la Campania che detiene il record della regione, con maggiori presenze. Le più importanti baraccopoli formali – quelle progettate e gestite dalle istituzioni – sono invece concentrate nella città di Roma.

Nel 2012, su input della Commissione europea, era stata redatta dal governo italiano una Strategia nazionale con l’obiettivo di chiudere i “campi rom” entro il 2020 e di avviare processi di inclusione sociale cominciando ad affrontare la questione abitativa. “Superare i campi rom”: era questa la sfida lanciata sotto il governo Monti e rimasta ad oggi totalmente inevasa. Al contrario, l’immane flusso economico che scorre sui “campi” ha mantenuto il suo impeto: 82 milioni spesi dal 2012 ad oggi per il “sistema campi”. Una realtà unica nel panorama italiano. Nel 2017 due comuni: Napoli e Moncalieri, hanno continuato il “gioco dell’oca” delle comunità rom facendolo terminare nella costruzione di nuovi “campi”. Altre amministrazioni hanno preferito mantenerlo aperto, organizzando in tutta Italia ben 250 sgomberi forzati, in barba alle più elementari garanzie procedurali previste dalle Nazioni Unite.

Casi estremi si riscontrano a Gioia Tauro, con il faraonico progetto nel quartiere “Ciambra” (8,5 milioni per bonificare un ghetto abitato da 200 persone) e a Giugliano, dove il Comune, fino al termine del 2017, era intenzionato a realizzare un “eco-villaggio”, compatibile dal punto di vista della sostenibilità ambientale, meno sotto il profilo dei diritti umani fondamentali.

Anche nel 2017 l’antigitanismo è rimasto uno dei caratteri distintivi della società italiana. L’Osservatorio 21 luglio ha infatti registrato nel corso degli ultimi dodici mesi, 182 episodi di discorso d’odio nei confronti dei rom, di cui 51 sono stati classificati di una certa gravità. All’indomani del rogo di Centocelle, lo stesso dove avevano perso la vita le tre sorelline rom, il consigliere comunale di Ciampino Ivan Boccali aveva scritto: «Roma Sud e Castelli Romani ostaggi di questi selvaggi, primitivi, balordi. La politica buonista dell’integrazione ha fallito. Per quel Campo Nomadi l’unica soluzione è il NAPALM». Il post del rappresentante istituzionale racchiude bene il livello di civiltà e democrazia nel quale è inghiottito il nostro Paese, sfregiato, nel 2017, da 5 episodi violenti che hanno avuto come bersaglio i rom: delle molotov gettate contro gli insediamenti torinesi il sei giugno a quelle che, due mesi dopo, hanno ridotto in cenere una porzione del “campo rom” di Scampia. E in mezzo minacce verso minorenni, insulti, sputi, colpi di spranghe.

Se è vero che l’atteggiamento nei confronti dei rom rappresenta la cartina di tornasole del livello raggiunto da un Paese in relazione ai diritti fondamentali, il 2017 non si è chiuso bene. Così come le prospettive per il futuro non appaiono rosee. I risultati elettorali sono stati come il vento che ha tolto la cenere da carboni mai spenti «Il razzismo ha fatto cose importantissime – ha dichiarato il leghista Borghezio due giorni dopo le elezioni di marzo – Sui rom ho detto quello che pensa la stragrande maggioranza del popolo italiano, e cioè che vanno controllati, che ci vorrebbe un ufficio di polizia davanti a tutti i loro campi e che bisognerebbe perquisirli di giorno, di pomeriggio, di sera e anche nei giorni festivi. Purtroppo sono un problema sociale molto grave». Facciamocene una ragione, questa è l’Italia che ci aspetta.

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