I tre milioni e 600mila utenti di Grindr hanno la certezza di non avere più segreti. Il social network – su cui convergono gay, bisessuali, transgender e queer – ha condiviso informazioni delicate almeno con due società esterne, Apptimize e Localytics. I dati passati di mano per evidenti ragioni commerciali riguardano lo stato di salute (ad esempio la data dell’ultimo test per rilevare l’H.i.v.), le preferenze sessuali, il ruolo prediletto, l’appartenenza a gruppi (per abbigliamento o differenti caratteristiche) e altri dettagli intimi.

La denuncia della terribile circostanza risale a martedì 3 aprile ed è stata redatta dall’organizzazione norvegese a tutela dei consumatori Forbrukerrådet. Il tutto prende spunto da una serie di test tecnici e dal conseguente report approntato dall’istituto di ricerca Sintef e intitolato “Privacy and privacy leaks in Grindr”. Il dettagliatissimo documento pubblicato online su GitHub è ora sparito dalla circolazione e inspiegabilmente (o forse no) il link che ne permetteva la consultazione non corrisponde più ad alcunché.

L’esposto dell’associazione dei consumatori, che spiega che l’indagine di Sintef è stata svolta su specifica commissione del canale televisivo svedese Tv2, offre una importante occasione per capire chi abbiamo al di là dello schermo quando crediamo di aver trovato un’oasi virtuale.

Forbrukerrådet evidenzia la scivolosità delle norme in materia di privacy stabilite da Grindr per chi vuole utilizzare i servizi offerti. Il social network, infatti, si riserva la possibilità di condividere, con i propri inserzionisti o con aziende partner specializzate nell’analisi dei dati, tutta una serie di informazioni che include l’identificativo del dispositivo (pc, tablet, smartphone) utilizzato, elementi anagrafici o di altro genere digitati nel profilo dell’utente, geolocalizzazione e così a seguire. Nel tritacarne finiscono nome e cognome, età o data di nascita, razza o etnia, stato civile o relazioni in atto, altezza, peso, indirizzo email, password per accedere alle applicazioni, collegamenti a proprie pagine su altri social, quel che si cerca o che interessa, e ogni altra informazione che spontaneamente venga inserita al momento della registrazione sul sito o nel corso del suo utilizzo.

L’attenta lettura delle condizioni di utilizzo e dei principi in tema di privacy fissati da Grindr consente di scoprire – nella sezione Miscellaneous – che “in alcune circostanze l’utente può rimanere senza alcuna tutela legale in caso di violazione dei dati” e che “inserendo i propri dati personali, l’utente accetta che questi vengano trasferiti, memorizzati ed elaborati con tutti i rischi conseguenti”. Purtroppo certe clausole non vengono mai lette da chi dovrebbe esser interessato a conoscerle e diventano solo un passatempo per avvocati e consulenti costretti poi a spiegare al cliente che il suo consenso non agevola qualsivoglia azione legale si voglia intraprendere.

La vicenda di Facebook e Cambridge Analytica era solo la punta dell’iceberg. Le informazioni sono il petrolio del terzo millennio e la riservatezza dei dati personali, nonostante gli sforzi legislativi (si pensi al Regolamento europeo o Gdpr), non può più essere considerata un diritto imprescindibile e irrinunciabile perché siamo noi stessi – alle prese con computer e telefonino – a rinunciarvi.

@Umberto_Rapetto

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