Sono 17, tra cui un bambino di meno di 16 anni, i palestinesi uccisi negli scontri con i soldati israeliani alla barriera tra la Striscia di Gaza e lo Stato ebraico. Lo ha dichiarato l’ambasciatore palestinese presso le Nazioni Unite, Riyad Mansour, incontrando i giornalisti a New York a margine della riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza convocata dal Kuwait. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha chiesto “un’indagine indipendente e trasparente” su quanto avvenuto venerdì al confine tra Israele e la Striscia di Gaza. “Israele agisce con fermezza per proteggere la sua sovranità e sicurezza”, ha scritto su Twitter il premier israeliano Benyamin Netanyahu. “Tutto il rispetto per i nostri soldati che – ha aggiunto – difendono i confini dello stato e consentono ai cittadini israeliani di celebrare tranquillamente la vacanza” della Pasqua ebraica. L’agenzia di stampa Wafa, citando fonti locali, riferisce di sei persone ferite durante nuove proteste di oggi, 31 marzo, oltre a decine di intossicati dai gas lacrimogeni. La Wafa ha spiegato che i soldati israeliani, di stanza alla frontiera, hanno aperto il fuoco contro i manifestanti a est di Khan Younes, ferendo tre di loro ai piedi. Altri tre manifestanti sono stati feriti a Gaza City, a Jabalia e vicino al campo profughi di Bureij. Secondo fonti mediche, i feriti sarebbero invece almeno tredici.

Anche l’Unione europea, in una nota dell’Alta rappresentante per la politica estera Federica Mogherini, ha sottolineato come “l’uso di munizioni vere dovrebbe essere oggetto di un’indagine indipendente e trasparente”. “Mentre Israele ha il diritto di proteggere i suoi confini, l’uso della forza deve essere proporzionato in ogni momento. La libertà di espressione e di assemblea sono diritti fondamentali che vanno rispettati”, ha aggiunto Mogherini. “Un ritorno immediato alla calma è essenziale. Tutti coloro che sono coinvolti hanno bisogno di esercitare moderazione ed evitare ulteriori escalation violente e ogni atto che possa mettere in pericolo i civili”, ha concluso l’Alta rappresentante Pesc.

La manifestazione di venerdì, con lanci di pietre e molotov a cui i militari hanno risposto sparando, ha provocato oltre alle vittime almeno 2mila feriti. I palestinesi si erano riuniti lungo la barriera al confine per la “Marcia per il Ritorno” voluta da Hamas in occasione del Land Day, la celebrazione annuale dello sciopero generale e delle marce organizzate il 30 marzo 1976 in protesta per l’esproprio di terre per motivi di sicurezza da parte di Israele. “C’è il timore che la situazione possa deteriorarsi nei prossimi giorni”, ha spiegato l’assistente del segretario generale delle Nazioni Unite per gli affari politici, Taye-Brook Zerihoun. “Siamo profondamente rattristati”, ha aggiunto il diplomatico. “Il rischio di escalation è molto reale”, ha affermato sostenendo che “esiste la possibilità di un nuovo conflitto nella Striscia di Gaza”.

E infatti alcune centinaia di persone si sono assembrate intorno agli accampamenti allestiti a qualche centinaia di metri dal confine con Israele. Le tende servono come punti di partenza per le marce. Gli organizzatori hanno dichiarato che le manifestazioni continueranno fino al 15 maggio, settantesimo anniversario della creazione di Israele. I palestinesi segnano quella data come “nakba” o catastrofe, quando in centinaia di migliaia furono costretti a lasciare le loro case durante la guerra del 1948.

L’ambasciatore Mansour ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di “affrontare con serierà la questione fornendo protezione alla popolazione civile” della Striscia di Gaza. Intanto quella di oggi è stata proclamata giornata di lutto nazionale e sciopero generale dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas. Chiusi i negozi della Cisgiordania e la maggior parte delle attività imprenditoriali, così come anche le università e le scuole hanno sospeso le lezioni. Nel frattempo sono iniziati i funerali delle vittime degli scontri. E i medici locali chiedono “un corridoio sanitario e umanitario per 1.630 feriti”, secondo quanto riferisce all’Adnkronos Foad Aodi, il fondatore delle Comunità del mondo arabo in Italia.

I palestinesi considerano le azioni commesse da Israele come “un grande massacro contro il nostro popolo”. Il primo ministro dell’Anp, Rami Hamdallah, ha chiesto che lo Stato ebraico venga riconosciuto responsabile di quello che ha definito “omicidio premeditato”. Se la violenza continuerà lungo il confine di Gaza, Israele espanderà la sua reazione per colpire i militanti anche al di là della frontiera, è stata la replica del generale Ronen Manelis, portavoce militare israeliano, all’indomani della marcia. “Siamo profondamente rattristati dalle perdite di vite a Gaza. Invitiamo tutti coloro che sono coinvolti ad adottare passi per abbassare le tensioni e stiamo lavorando a un piano per la pace – ha scritto su Twitter la portavoce del dipartimento di Stato Usa, Heather Nauert -La violenza non porta avanti né l’uno né l’altro di questi obiettivi”.

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