Anche nel 2016, puntuale, il fisco ha bussato alla porta degli italiani. Non solo per riscuotere giustamente le tasse dovute, ma anche per chiedere indietro il bonus di 80 euro a chi ha guadagnato troppo poco per rientrare nei paletti fissati dal governo Renzi. Oltre 412mila contribuenti con redditi annuali inferiori a 8mila euro hanno dovuto rendere allo Stato (in un’unica soluzione) un totale di quasi 90 milioni di euro. Il problema è ben noto a Palazzo Chigi e a via XX Settembre, tanto che proprio nel 2016, dopo che ilfattoquotidiano.it aveva raccontato le storie degli incapienti costretti a metter mani al portafogli per ridare soldi che non avevano nemmeno chiesto, il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan aveva promesso che avrebbe trovato il modo per “alleviare” quella beffa. O almeno consentire la restituzione a rate.

Qualche mese dopo, scrivendo la legge di Bilancio, si è però rimangiato quell’annuncio. E non ha rimediato nemmeno in seguito. Per esempio quando, nell’ultima finanziaria, ha modificato le soglie di reddito entro cui spetta il beneficio per evitare di far perdere gli 80 euro agli statali, ai quali nel frattempo è stato rinnovato il contratto concedendo aumenti medi di 85 euro al mese. A dimostrare che nulla è cambiato rispetto al 2015 sono i dati sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2017, appena diffusi dal ministero dell’Economia. I beneficiari della detrazione Irpef di 80 euro, misura simbolo del governo dell’ex leader Pd, sono stati 11,5 milioni, per una spesa di 9,4 miliardi per le casse pubbliche. Il 50,2% dell’ammontare del bonus è andato ai dipendenti delle regioni settentrionali, seguiti da quelli dal Centro (20,3%) e Sud (20%). Oltre 1,7 milioni se lo sono visto però chiedere indietro e hanno restituito in totale 480 milioni di euro.

E quasi 90, stando alle tabelle del Mef ordinate per classi di reddito, sono i milioni resi dai contribuenti “incapienti“, cioè talmente poveri che l’Irpef non la pagano e non hanno diritto alla detrazione. Gli altri a fine anno hanno scoperto di aver superato il tetto massimo di reddito, che fino al 2017 era fissato a 26mila euro, o di aver ricevuto un bonus troppo alto. E dire che nel frattempo il range di reddito entro cui si ha diritto al bonus, che inizialmente andava dagli 8mila ai 24mila euro con un decalage graduale tra i 24mila e i 26mila, è stato ritoccato: la legge di Bilancio per il 2018 ha alzato a 8.174 euro il reddito minimo necessario per avere gli 80 euro e portato a 24.600 euro il tetto. Questo per dribblare il rischio che gli statali che ne avevano diritto lo perdessero in seguito agli aumenti di stipendio previsti dal nuovo contratto. Nessun intervento è stato però previsto a favore di chi magari all’inizio dell’anno aveva un contratto e poi si è ritrovato disoccupato e sotto la soglia. E si è visto chiedere indietro i soldi, in una botta sola, dall’Agenzia delle Entrate.

Dalle dichiarazioni 2017 emergono anche altri dati interessanti. Per esempio che oltre 10 milioni di persone in Italia “hanno un’imposta netta pari a zero”. Si tratta prevalentemente di contribuenti con redditi compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di coloro la cui imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni. Tra chi invece la dichiarazione la fa, il 45% comunica al fisco di aver incassato meno di 15mila euro. I più ricchi, stando a quanto reso noto al fisco, sono i lavoratori autonomi, con una media di 41.740 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 21.080 euro. Ma attenzione, non si tratta di magnati dell’industria bensì dei titolari di ditte individuali (srl, negozi) in gran parte senza personale alle proprie dipendenze. La tassazione dei redditi da capitale infatti non rientra nell’Irpef. “Sarebbe pertanto “improprio”, sottolinea il Tesoro, “utilizzare i dati sopra riportati per confrontare i redditi degli “imprenditori” con quelli dei dipendenti”, che in media dichiarano 20.680 euro. I pensionati si fermano a 17.170 euro, con una crescita dell’1,8%.

A crescere di più, nel 2016, sono stati però i redditi medi d’impresa (+5,3%) e da lavoro autonomo (+9%), anche per effetto dell’ampliamento dell’applicabilità del regime forfettario, nota il Mef: la fuoriuscita dalla tassazione ordinaria di imprenditori e lavoratori autonomi di piccole dimensioni, che dichiarano normalmente redditi bassi, determina infatti un aumento del reddito medio soggetto a Irpef ordinaria. Il reddito medio da lavoro dipendente rimane sostanzialmente stabile, ma se si includono i premi di produttività, per i quali nel 2016 è stata reintrodotta la tassazione sostitutiva, la variazione sale al +0,6%.

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