#diversodachi

Tabù, questo argomento è tabù, bù bù: è vivamente consigliato allacciare le cinture poiché si comincia a parlare di sesso – già di per sé oggetto di cui non s’ha da parlar -, ma se lo accompagniamo alla disabilità otterremo l’argomento più tabù mai inventato dell’uomo. E se poi aggiungiamo l’amore è la fine: sesso, amore e disabilità, che manco Alfred Hitchcock

L’obiettivo ambizioso è quello di abbattere lo stereotipo che vede l’esemplare di disabile simile a quello inglese: “Niente sesso, siamo inglesi”, quando ai sudditi di Elisabetta i sempre seduti risponderebbero con “non camminiamo, ma non siamo mica stupidi”. Perché a differenza di quello che i cliché vogliono far credere, abbiamo appetito sessuale, voglia di farlo, e soprattutto… lo possiamo fare.

Anche i sudditi di Sua Maestà la francesina – di cui sono indegno rappresentante – rientrano nella categoria “yes, we can”.

È arrivato quindi il momento di abbattere il muro di Berlino della disabilità, quello che appunto considera l’esemplare disabile asessuato. Per cui ripetiamo più volte: il disabile non è asessuato, il disabile non è asessuato.

Sull’argomento muovo i primi passi… ehm, forse è meglio cambiare vocaboli, certo che la mia disabilità mi limita anche nello scrivere. Scusatemi, riformulo. Tratto l’argomento partendo dal momento più banale e semplice della vita dell’essere umano: l’adolescenza!

Se questo periodo storico è difficile per tutti, come per tradizione per il francesino le complicazioni si infittiscono alla stregua di un thriller: mai una volta che vada tutto liscio, che perpetua sfiga!

Perché, oltre a subire le peculiari problematiche dell’adolescente, il francesino ne aggiunge molte altre: per esempio è questo il momento in cui la francesina fa valere la sua dura legge, ovvero si occupa della lenta e inesorabile perdita di forza fisica. La stanchezza comincia a bussare alla porta e, nel mio caso, l’età della spensieratezza è cominciata da Toro seduto capace di muovere le braccia liberamente a Toro seduto in grado di mettersi nella posizione di braccio di ferro: riuscivo infatti ad alzare l’avambraccio solo se il gomito poggiava su una superficie (come il tavolo o il bracciolo della carrozzina).

Inoltre la posizione carrozzata, una voce bassa quanto un pulcino afono e la limitata capacità di movimento concorrevano spaventosamente – come già sottolineato – ad acuire le insicurezze, la timidezza, le paure e a porre il francesino nella condizione di non sentirsi all’altezza, di considerarsi meno degli altri: in poche parole l’autostima era sotto le ruote.

Nel frattempo iniziavo a guardare con quegli occhi lì – ci siamo capiti – l’altro sesso ma l’altro sesso non guardava me con quegli occhi lì, o – a dire il vero – buona parte di esse. E a quelle poche che lo facevano, però, ci ha pensato la mia scarsa autostima e il sesso che rappresento: diciamo la verità, la donna è più intelligente dell’uomo!

Per giunta dovetti affrontare, durante gli anni delle scuole superiori, un problema di ignoranza anatomica non indifferente, poiché presi coscienza che buona parte degli umani è convinta che il pene sia un muscolo: ebbene, se la tua malattia si chiama distrofia muscolare allora la questione costituisce un serio problema. Per sensibilizzare ero così costretto a sottoporre alle compagne di classe un questionario: “Il pene è un muscolo?”, e quel 50% di “sì” ancora mi brucia. Questo mi fece fin dall’inizio capire quanto la strada per abbattere il muro di Berlino della disabilità sarebbe stata in salita (tanto per la cronaca il pene è un organo composto da corpi cavernosi).

Intanto la salita delle difficoltà della francesina raggiungeva percentuali sempre più elevate, perché all’aumentare del coefficiente di disabilità cresce il rischio di sentirsi dire: «Ma io credevo di essere un’amica con cui parlare»… certo, investo le mie limitate risorse per un’amica? E solo per parlare?! Spiacente, ma debbo ripetermi: “Non cammino, ma non sono mica stupido”.

Oppure il rifiuto veniva così motivato: «Sei un ragazzo intelligente, gentile, simpatico, sensibile e mi piace tanto passare del tempo con te, ma non sei la persona giusta». E tu pensi: ma cosa vuoi di più? Neanche Mahatma Gandhi ti andrebbe bene allora. Al che speri sia lesbica, ma neanche questo: mai ‘na gioia.

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