Vivendi fa decadere il consiglio di amministrazione di Telecom Italia (Tim). Il gruppo francese risponde così all’attacco del fondo Elliott con una mossa che consente di guadagnare tempo in un momento di transizione per la politica italiana. Dal cda dell’ex monopolista, che ha affidato le deleghe su Sparkle a Franco Bernabè, si sono infatti dimessi in blocco tutti i consiglieri di cui il fondo Elliott aveva chiesto la revoca più altri due indipendenti. In questo modo, l’azienda controllata da Vincent Bolloré ha fatto slittare dal 24 aprile al 4 maggio l’assemblea per il rinnovo dell’intero cda Telecom.

Si tratta di una manciata di giorni che tuttavia possono essere sostanziali per almeno due ragioni. La prima è che Vivendi avrà a disposizione più tempo per raccogliere consensi fra gli altri soci Telecom. L’obiettivo è contrastare così l’offensiva del fondo attivista che ha fra i suoi uomini di spicco Paolo Scaroni, ex numero uno dell’Eni vicino a Silvio Berlusconi. La seconda ragione è che per quella data l’Italia potrebbe avere un nuovo governo non necessariamente favorevole ad Elliott, fondo speculativo finanziatore e garante dei cinesi che hanno comprato il Milan dalla Fininvest. Al momento, il fondo attivista gode del supporto dell’esecutivo uscente. Lo dimostra il fatto che il consiglio dei ministri abbia deciso di non far valere il golden power sull’operazione di acquisizione della quota Telecom notificata da Elliot. Il motivo? Lo ha spiegato indirettamente il ministro Carlo Calenda: Elliott “ha un progetto coincidente con quello che noi intendiamo fare per l’interesse pubblico”. Il fondo intende cioè spingere per la separazione della rete dalle attività di servizi telefonici e quotare poi l’infrastruttura in Borsa. Con il collocamento sul mercato, la società della rete aprirà il capitale a nuovi soci come ad esempio la Cassa Depositi e Prestiti e magari la stessa famiglia Berlusconi che, dopo la batosta elettorale, è politicamente più defilata. Non è detto però che il piano di Elliott piacerà anche al futuro esecutivo italiano quanto al governo uscente. Lo scenario potrebbe quindi anche cambiare radicalmente e velocemente tornando magari favorevole ai francesi.

Dal canto suo, Vivendi vorrebbe invece andare avanti con la politica dei piccoli passi: l’attuale amministratore delegato di Telecom, Amos Genish, ha dichiarato di voler separare la rete dai servizi, ma con tempi decisamente più lunghi di quelli auspicati da Elliott e dal governo italiano uscente. È probabile che prima di cedere la rete, Bolloré preferisca risolvere il conflitto con Mediaset su cui sono intervenute anche le autorità di vigilanza Agcom e Consob. Senza contare che, in questa fase, senza un’adeguata contropartita, Bolloré non intende farsi da parte nella gestione di Telecom, un investimento in cui sta perdendo più di un miliardo e mezzo. La situazione insomma non è affatto facile per il raider francese che in Francia ha tentato di controbilanciare il deludente bilancio della campagna italiana vendendo il 27% di Ubisoft per incassare oltre 1,2 miliardi di guadagni. Se Oltralpe gli affari gli hanno dato soddisfazione in un raid speculativo su Ubisoft degno dei vecchi tempi degli assalti di Borsa, non si può dire che le cose stiano andando bene anche sotto il profilo politico: il fermo dell’amico Nicolas Sarkozy per presunte tangenti libiche nella campagna presidenziale 2007 ha gettato un’ombra sull’ex presidente e sull’intera cerchia delle sue più strette amicizie. Incluso Bolloré che prestò a Sarkozy il suo yacht Paloma per una breve vacanza subito dopo la maratona elettorale 2007. Difficile immaginare quindi che, in questa fase, Bolloré possa contare sull’appoggio del presidente Emmanuel Macron e dell’ex monopolista pubblico d’Oltralpe Orange, più volte indicato come potenziale acquirente delle attività di servizi telefonici di Telecom Italia. Di conseguenza una rapida separazione della rete Telecom rischierebbe di lasciare Bolloré con il cerino in mano senza un compratore per le attività di servizi in un contesto di mercato sempre meno redditizio. Quanto basta per ostacolare ad ogni coso i piani di Elliott. Stando così le cose, la sensazione è che la partita sia entrata nel vivo con le forze in campo che schierano le truppe in vista di un’assemblea in cui si deciderà non solo il futuro di Telecom, ma anche l’assetto proprietario e lo sviluppo della rete di nuova generazione.

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